L’Orto Botanico di Pisa e il suo Museo

L’Orto Botanico di Pisa si contende il primato con quello di Padova di orto botanico più antico in assoluto. Di quest’ultimo si legge che, “nato nel 1545 per facilitare gli studenti universitari nello studio e nel riconoscimento dal vivo delle piante medicinali (…), è all’origine di tutti gli orti botanici del mondo” (https://ortobotanico1545.it).  Riguardo a quello pisano si apprende che si tratta del primo orto botanico universitario del mondo, fondato nel 1543 dal naturalista, medico e botanico Luca Ghini (https://www.ortomuseobot.sma.unipi.it/).

Al di là della diatriba, entrambi sono ancora vive testimonianze della temperie culturale che ha caratterizzato il Rinascimento, periodo in cui, grazie alle importanti conquiste intellettuali, si va preparando quella rivoluzione scientifica che aprirà la strada alla scienza moderna.

A partire dal XVI secolo, si intensifica l’interesse per lo studio della natura e anche la botanica diventa oggetto di un profondo cambiamento. Oltre agli intenti farmacologici propri degli erbari medievali, subentra una componente teorica che riguarda l’ordinamento e la nomenclatura delle essenze vegetali locali e di quelle che numerose giungevano dai nuovi mondi appena scoperti. Si impongono sistemi di classificazione più razionali e, al contempo, sempre più puntuali rese figurative. I testi degli autori antichi come Galeno, Dioscuride o Plinio sono ancora studiati, ma sottoposti a una critica revisione sulla base di un’attenta e diretta osservazione delle piante esistenti in natura, che ora vengono descritte in maniera sistematica.

L’Orto di Pisa, così come quello veneto, nati all’interno delle rispettive facoltà universitarie, sono realtà rivolte sia agli studenti che ai medici e agli speziali, i quali possono in questo modo studiare le piante per le loro proprietà medicamentose e rifornirsi dei “semplici” per preparare medicinali e rimedi erboristici.

Luca Ghini viene chiamato da Cosimo I de’ Medici allo Studio pisano negli anni in cui l’illustre imolese insegnava a Bologna. Il suo arrivo a Pisa, determinato dalla tassativa condizione che lui pone riguardo alla creazione di un “giardino de’semplici”, segna una data importante nel rinnovamento dell’insegnamento della materia. Grazie a questo orto per farne “d’utile alli scolari”, Ghini mette a punto un’innovativa pratica di essicazione delle piante, ossia l’hortus siccus. A questo si affianca l’hortus pictus, una raffinatissima produzione di illustrazioni naturalistiche al fine di documentare per quanto possibile gli elementi vegetali, offrendoci una rilevante testimonianza dello stretto connubio che esiste tra scienza e arte.

Pur in assenza di un formale atto istitutivo (rispetto all’Orto padovano), ma sulla base della documentazione esistente, si fa risalire al 1543 la sua nascita in un luogo in prossimità del fiume Arno, vicino all’Arsenale Mediceo. A questa collocazione ne seguirà una seconda nel 1563 ad opera di Andrea Cesalpino, allievo del Ghini; fino a trovare la sua definitiva e attuale sistemazione, tra via Roma e via santa Maria, nel 1591 per volere del granduca Ferdinando I de’ Medici, che incarica il fiammingo Giuseppe Casabona.

A differenza dell’Orto di Padova, il cui impianto odierno mantiene in sostanza quello del progetto cinquecentesco, l’Orto pisano subisce cambiamenti e progressivi ampliamenti.

Attualmente conta un’estensione di oltre due ettari, suddivisa in sette settori. Custodisce piante dei cinque continenti: le succulente dei deserti africani e americani, le piante aromatiche della macchia mediterranea, le specie delle paludi toscane, numerosi alberi secolari e tante altre.

La sua straordinaria ubicazione ne accresce il già notevole interesse sia storico che scientifico. Così come si riscontra anche per altri antichi orti italiani, l’Orto di Pisa si colloca proprio nel cuore della città in posizione centralissima, in un area monumentale, a pochi passi dall’affollata piazza dei Miracoli. Dopo aver fiancheggiato l’alto muro di recinzione, che corre lungo via Roma, si apre uno degli ingressi di questo giardino, oasi inaspettata di verde e di quiete.

Prima di iniziare ad addentrarsi tra aiuole e vialetti, merita una visita il Museo Botanico, già Museo di Scienze Naturali. Lo si considera infatti erede di quella galleria di ‘mirabilia’, all’epoca assai celebrata, voluta dal granduca Ferdinando I de’ Medici con l’intento di raccogliere tutte quelle “opere della natura” che potevano fare il vanto dell’ateneo pisano e, al contempo, essere espressione del potere illuminato del sovrano.

Le collezioni sopravvissute sono oggi suddivise tra questo Museo per la parte botanica e quello di Storia Naturale dell’Università di Pisa a Calci per i reperti geologici e zoologici.

Di recente allestimento, il Museo si trova nell’edificio che un tempo era la fonderia per la preparazione dei composti erboristici, chiamato palazzo delle Conchiglie per la facciata decorata nel 1782 con incrostazioni di conchiglie e madrepore

Nella sala d’ingresso è esposta la cinquecentesca porta in legno di noce con raffigurazioni di piante, collocata in origine all’entrata di Via Santa Maria.

Proseguendo nelle sale successive, i numerosi ritratti di semplicisti, naturalisti e direttori dell’Orto ci accolgono, testimoni della sua antica storia. Troviamo, sempre al piano terreno, la ricostruzione di una piccola Wunderkammer di gusto rinascimentale e, salendo al piano superiore, una selezione di manufatti in ceroplastica o in gesso di scuola toscana, realizzati tra il XVII e XIX secolo.

Si tratta di riproduzioni di funghi e di altri organismi vegetali, di cui sono presenti anche ingrandimenti di pregevole qualità. Tra questi, il modello raffigurante la fecondazione della zucca, utilizzato da Giovanni Battista Amici per illustrare le sue scoperte durante la prima riunione degli scienziati italiani, tenutasi qui nel 1839. Allo stesso modo, le grandi tavole botaniche acquerellate ottocentesche a supporto dell’attività didattica, il cui utilizzo è perdurato fino alla metà del secolo scorso.

Una selezione di reperti paleobotanici con tronchi fossili completa il percorso assieme a due postazioni multimediali, che consentono la consultazione virtuale dell’erbario storico, uno dei più importanti in Italia per consistenza, qualità delle collezioni e quantità di classificazioni. E’ costituito da circa 350.000 campioni di flora di tutto il mondo, raccolti a partire dalla fine del Settecento.

La cosiddetta Scuola botanica apre il percorso dell’Orto. Questo settore di origine tardo cinquecentesca è la parte più antica, di cui sei vasche in arenaria ne conservano la memoria. Intorno a queste, file di aiuole rettangolari si dispongono secondo un ordinamento risalente alla metà dell’Ottocento. Ospita la collezione sistematica, composta da piante erbacee o arbustive riunite secondo criteri di classificazione per famiglie botaniche.

L’Orto dei Cedri è il secondo settore per antichità ottenuto annettendo un giardino conventuale nel 1783 e nominato così per un imponente cedro del Libano, sradicato da una tempesta nel 1935 e sostituito da un cedro dell’Himalaya. In questo spazio sono presenti i due alberi più vecchi: un Ginkgo biloba e una magnolia, entrambi messi a dimora nel 1787 sotto la direzione di Giorgio Santi (1746–1822). L’adiacente Orto del Mirto deve il suo nome a un imponente esemplare di mirto, piantato nel 1815.

Nella parte centrale sono dislocate cinque grandi serre, habitat ideale di piante succulente, tropicali e acquatiche. Sempre nell’area mediana, una grande palma del Cile si erge nel piazzale Arcangeli, dove si trova la sede del Dipartimento di Scienze Botaniche dell’Università che ospita gli uffici, i laboratori e l’erbario storico, accessibile solo per motivi di studio.

Infine, nella zona settentrionale si collocano i due settori più recenti: l’Orto Nuovo, risalente al 1841, destinato principalmente ad arboreto e l’Orto del Gratta, realizzato agli inizi del XX secolo, con piante montane e un laghetto.

Creati per l’insegnamento e la ricerca, gli orti botanici italiani hanno registrato una continua evoluzione nel tempo. Oggi sono chiamati ad assolvere nuovi compiti, volti non solo al costante aggiornamento scientifico, alla conservazione e alla valorizzazione delle collezioni, ma anche alla promozione dell’educazione ambientale sul modello dei maggiori orti botanici mondiali. Grazie alle molteplici iniziative culturali, che favoriscono la loro fruizione attiva, queste strutture si sono aperte ad un’utenza allargata formata, oltre che da studiosi e da ricercatori, dalle comunità locali e dai turisti.

Una sosta in questo particolare giardino ci offre dunque l’opportunità di scoprire un pezzo significativo di storia della città, ampliandone la conoscenza, al di là del consueto itinerario di visita ai noti monumenti pisani.

Riferimenti

  1. Garbari, L. Tongiorgi Tomasi, A. Tosi, Giardino dei Semplici – Garden of simples, Plus editore, 2003.

https://www.ortomuseobot.sma.unipi.it/

https://www.georgofili.info/contenuti/lorto-e-museo-botanico-delluniversit-di-pisa

https://www.anms.it/upload/rivistefiles/318.PDF

Le immagini che accompagnano il testo sono di Laura Lucchesi e Alessandro Melani

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CC BY-NC-ND 4.0 Gli orti botanici in Toscana by L'Italia, l'Uomo, l'Ambiente is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.

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