Una econovella di Maria Iorillo
Fin da bambini ci hanno insegnato, attraverso le fiabe e i racconti degli adulti, che il lupo è una bestia feroce, crudele, famelica che può attaccare e divorare animali e uomini. Esso è stato da sempre considerato un vero flagello per le genti, soprattutto per quelle che vivono vicino ad un bosco, nelle zone alpine e appenniniche. Eppure il lupo attacca gli altri animali perché guidato dal suo istinto, è la natura ad avergli assegnato questo ruolo, ma ciò non significa che sia condannato ad una malvagità fine a se stessa e gratuita. E spesso è l’uomo, accecato dalla presunzione di essere il padrone assoluto del mondo, che si rivela più cattivo del lupo stesso, ammazzandolo senza motivo e causandone una veloce estinzione. Il lupo attacca se è attaccato e se ha fame. Ma anche lui ha un cuore, fa scelte che non sono dettate solo dall’istinto, è solidale con i membri del suo branco, gioca, cura ed educa i suoi cuccioli. Negli ultimi anni, poi, sembra che l’incrocio sempre più frequente con i cani stia modificando il suo gene. E anche il lupo, come ogni altro animale, svolge un ruolo importante nella biodiversità e, quindi, la sua sopravvivenza, oltre ad essere un imperativo etico, è anche un elemento fondamentale del nostro ecosistema.
Nel mio racconto, nato dalla necessità e dal piacere di narrare storie sempre nuove ed educative ai miei bambini, desidero sottolineare anche l’aspetto più affabile del lupo, evidenziandone emozioni e sensazioni come qualsiasi essere umano.
“Era autunno inoltrato. Le foglie, al termine dei loro giri di danza, si lasciavano adagiare sulla terra già infreddolita. E un giovane lupo, un po’ per noia e un po’ per spavalderia, propose una gara ai suoi compagni: – Andiamo per caprioli! Il primo che riuscirà a prendere un bell’esemplare, per un mese vivrà del lavoro degli altri!
Così il lupo e i suoi amici s’inoltrarono sul sentiero che conduceva lì dove il sottobosco emana forti profumi muschiati. Il lupo più anziano cercava tracce di escrementi o masse di pelo che lo portassero vicino ad un capriolo. Si allontanò dal branco, perché sapeva che muovendosi tutti insieme, anche se con passi felpati, sarebbe stato più facile per la preda allertarsi ai loro rumori. Si guardò intorno. Era bello il suo territorio, anche se era cambiato rispetto a come ricordava dai racconti del nonno. Quei monti colorati di rosso, giallo e verde. Quel luogo dove il suo branco faticava a conservare un dominio sempre più intaccato dalla prepotenza dell’uomo. Un potente ululato ruppe il silenzio e l’ eco rinforzava il suo rivendicare l’ancestrale territorio.
Ritornò sui suoi passi. Egli era stanco, vecchio e il vincere la scommessa lo avrebbe sollevato per un po’ dall’impegno quotidiano di rincorrere animali sempre più rari a vedersi e sempre più veloci. Un tempo gli piaceva tanto andare a caccia, mettersi sulle tracce delle prede e, una volta avvistate, studiarle da lontano e cogliere il momento adatto per attaccarle. Erano un divertimento, poi, l’inseguimento per azzannare la vittima alle cosce e ai fianchi per meglio bloccarla e, infine, i tentativi per soffocarla con morsi sul muso. Che godimento il sentire l’animale perdere le forze e, pian piano, la vita… e confermare, così, il suo ruolo di grande predatore dei monti. Improvvisamente i suoi pensieri vennero zittiti dai sensi. Uno scricchiolio familiare e un odore di carne fresca e tenera lo avvertivano della presenza di un capriolo. Si avvicinò, lo vide e lo osservò mentre l’ignaro continuava tranquillo a cercare le sue erbe preferite: gemme, germogli e foglie. Ma nel momento in cui il lupo stava per compiere il tipico salto predatore sulla gracile bestia, una forza imponente lo scaraventò per aria facendolo cadere gravemente sopra un grosso masso. Forti dolori alle zampe e al torace lo stordirono fino allo svenimento. Quando si riprese, vide il lupo giovane sbranare soddisfatto il suo tenero capriolo, mentre gli altri compagni, che nel frattempo lo avevano raggiunto, ululavano per festeggiare la vittoria del balordo lupo.
Il vecchio lupo, rammaricato per l’ingiustizia subita, per pochi attimi tornò con la mente al tempo della sua gioventù. Era stato un lupo sempre rispettoso del branco e soprattutto dell’autorevolezza dei più anziani. Un tempo si era molto più solidali e uniti; il branco era come una famiglia, in cui il singolo rimaneva per tutta la vita sia per sopravvivere e sia per l’affetto, la conoscenza e il sostegno morale e dal quale si allontanava solo per abbandonarsi, in solitudine, alla morte. Ecco, i tempi erano cambiati. La vita e il rispetto erano elementi marginali nella nuova generazione così egoista e prepotente. Ormai il suo tempo era passato, era stato un lupo degno del suo nome. Ora era meglio lasciarsi andare. Era arrivato il momento di chiudere il cerchio. Sapeva che era giusto così, non aveva più nulla da condividere con quella realtà che non riconosceva più. E chiuse gli occhi portando nell’eternità le immagini dei suoi monti mentre piangevano lacrime colorate di malinconico autunno.”
© copyright Maria Iorillo 2014
Fonte delle fotografie
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