Articolo pubblicato su IUA n° 11, Anno III, Dicembre 2016
Una sana educazione di contorno… toglie la confusione alimentare di torno!
Una mela come simbolo di tradimento originale, una mela tirata per dire “ti amo”, una mela caduta in testa per capire la gravità, una mela di vittoriana memoria per togliere il medico di torno… ma alla fine la mela che cosa è?
Spesso è ciò che mangiamo, e diventa chimicamente noi, che accompagna e lega il viatico dell’umanità’ a storia, tradizioni, miti, credenze, convivialità, gioie, discordie, disparità, avversioni, intolleranze, allergie… alimenti cui diamo un significato figurativo e simbolico, ma che frequentemente non conosciamo nella loro essenza chimica, nelle loro biodiversità’, nei propri valori nutrizionali, e sugli effetti che possono apportare al nostro organismo, benefici e non.
Spippolando su internet per capire, ci troviamo sempre più’ confusi da una libera e fumosa globalizzazione dell’informazione senza filtro, in cui imbonitori biologici e non, intoccabili totem industriali, male logiche commerciali e mediatiche, studi scientifici taroccati, deviazioni dietetiche ed estremismi alimentari ci lavano la testa con uno shampoo di false verità’, che rendono i fili delle nostre conoscenze apparentemente lucidi, ma estremamente fragili.
La mancanza di un nazionale programma di educazione alimentare sviluppato da esperti nelle scuole, dalle elementari al liceo, rivolto alle famiglie, sia ristrette che allargate, e agli addetti del settore aumenta la miopia di ciò che ogni giorno beviamo e mangiamo, elaboriamo, con l’aiuto della nostra personale flora batterica, e assimiliamo.
Non si tratta di intraprendere una crociata dietetica oppressiva e soppressiva, ma solo di informare spiegando la composizione chimica, il valore nutrizionale e gli effetti organici degli alimenti che ogni giorno consumiamo, evidenziandone i pro e i contro.
Non si tratta di bandire dal mondo le “schifezze dietetiche”, ma semmai di ridurne il consumo essendo erudito in ciò’ che comporta la loro assunzione.
Il nostro cervello viaggia a glucosio e vuole essere sempre remunerato, per lo stress quotidiano subito, con ciò di cui è ghiotto, per cui una campagna di proibizionismo contro le “schifezze dietetiche” comporterebbe una cocente sconfitta salutistica, sortendo l’effetto opposto, con piacevoli ladresche evasioni, prevalendo quindi l’abuso, “scherzetto”, sul semplice “dolcetto”.
Il sapere che quelle “amabili dolcezze” possano comportare delle ben precise alterazioni e problematiche al nostro organismo ci renderebbe almeno consapevoli di poterne ridurre il consumo o di trovare alternative più salubri.
È il consumatore o l’industria che indirizza il mercato?
Il capire e focalizzare la nostra quotidiana iperalimentazione, e in essa la mancanza di equilibri nutrizionali, può essere il primo tassello di un’opera di prevenzione primaria mirata alla riduzione dei casi di obesità, sia in età giovanile che adulta, a futuri sviluppi di sindromi metaboliche, ma soprattutto una chiave di apprendimento intenta ad aprire al ribasso l’incidenza di malattie cardiovascolari, neurologiche e tumorali legate al mondo alimentare.
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