138 anni fa, il 18 Agosto 1884, veniva ucciso dalle forze dell’ordine l’inerme visionario David Lazzaretti mentre guidava una processione. Un delitto che non ha mai avuto giustizia.
di Adriano Crescenzi*
Per parlare di David Lazzaretti non si può prescindere dal collocarlo nella precisa realtà sociale, culturale, religiosa di Arcidosso (GR), il paese della montagna amiatina in cui nacque.
All’epoca della nascita di David, Arcidosso contava circa 6000 abitanti sparsi maggiormente nelle campagne e nei centri periferici, distanti anche molti chilometri dal capoluogo e collegati da una rete viaria adatta per la maggior parte ad essere percorsa da muli e cavalli o a piedi. Il capoluogo rappresentava all’epoca un punto avanzato per la cultura, sia nel Monte Amiata che in provincia di Grosseto, con una Accademia Letteraria (Accademia degli Unanimi), una Biblioteca Comunale, un Giornale domenicale ,“Il Popolano”, giornale progressista all’insegna di “Ordine-Legge-Progresso”, unico in quel periodo in provincia. Le poche persone del popolo che sapevano leggere preferivano i poemi epico-cavallereschi (Ariosto, Tasso) oppure la Divina Commedia o anche Testi Sacri. L’analfabetismo rappresentava circa il 90% della popolazione ed era frequente che durante le veglie d’ inverno si ascoltasse la narrazione di quei racconti intorno al focolare. Il senso di religiosità della Comunità era stato da sempre rivolto alla Madonna, venerata nei due Santuari del luogo, la Pieve e l’Incoronata, e ravvivato dal passaggio di personaggi mitici, come San Bernardino, il Beato Brandano (Bartolomeo Garosi vissuto nel ‘500 e detto il pazzo di Dio), o Baldassarre Audibert, il predicatore che attraversò l’Amiata nel 1846. Numerose erano le Compagnie laicali e le Congregazioni, spesso ispirate al Francescanesimo, come quella dei Vanchettoni. Non esistevano industrie, se si eccettuano quelle legate all’estrazione delle terre bolari e, quindi, l’economia si basava esclusivamente sull’agricoltura, che impegnava circa il 90% della forza lavoro; anche l’artigianato e il commercio erano legati ad essa. La proprietà agraria, inoltre, si presentava piccola e notevolmente diversificata (castagni, seminativi, pascoli, orti, boschi, vigneti). Per integrare i magri redditi, molti sono costretti ad inventarsi altri lavori adattandosi a fare di volta in volta i braccianti, mezzadri, affittuari, boscaioli, prestando la loro opera anche in Maremma per lavori stagionali.
E’ in questo contesto che nasce David, il 6 Novembre 1834, in una delle prime case dell’odierna Via Talassese e viene battezzato il giorno dopo, 7 novembre, nella vicina Chiesa parrocchiale di San Leonardo. Il padre Giuseppe era “barrocciaio” (vetturale) e la madre Fausta Biagioli “faciera” (donna di casa) e David il secondo di sette figli. Aveva ricevuto una educazione cristiana e aveva imparato i primi rudimenti della grammatica dall’arciprete Pistolozzi. Intorno ai 13 anni aveva espresso il desiderio di diventare religioso, ma il padre si oppose, perché aveva bisogno di braccia per il lavoro che faceva e, dice David, “per distrarmi dal mio pensiero mi mandò in Maremma a lavorare”. Dunque, l’humus culturale e soprattutto religioso sul quale David era cresciuto aveva quasi sortito il suo effetto. Il duro lavoro alla macchia e il disagio di questo nuovo ambiente, la Maremma con i suoi miasmi, la malaria e la solitudine, mettono a dura prova il ragazzo ancora adolescente. Da qui, dunque, comincia la sua esperienza “visionaria”, proprio a Macchipeschi in Maremma, il 24 aprile 1848, quando, mentre era in preda allo sconforto e al pianto, gli appare un vecchio frate che gli predice il mistero della sua vita. Passato questo periodo il Lazzaretti conduce la normale vita di quei tempi: si sposa nel 1856 con Carolina Minucci, dalla quale avrà cinque figli di cui solo due sopravvivranno (Turpino e Bianca) e nel 1859 si arruola nell’Esercito Piemontese; al seguito del generale Cialdini partecipa alla battaglia di Castelfidardo e a quella di Gaeta. Ritornato ad Arcidosso dopo nove mesi di servizio militare, riprende il suo mestiere, i viaggi, le letture. Ma vent’anni dopo la sua prima visione, il 25 aprile 1868, ricompare il frate che gli conferma il mistero della sua vita e lo invita a recarsi dal Papa.
E proprio il 1868 sarà l’anno di svolta della sua vita, proprio in seguito alle numerose visioni, ai ritiri ascetici, ai viaggi, alla composizione di scritti che tracciano il suo disegno escatologico, oltre alla frequentazione di numerosi personaggi (i padri filippini Imperiuzzi e Polverini, san Giovanni Bosco, il giudice Du Vachat, legittimisa francese). La chiave di lettura dell’opera del Lazzaretti è data essenzialmente dalle sue visioni, nelle quali lo “spirito guida”, San Pietro, lo inizia e lo conduce verso il compimento della sua missione. Esse sono numerose e tutte indirizzate alla sua iniziazione per il compimento dell’opera redentrice dell’umanità. Quella del 25 aprile 1868 (La Terra dei Grandi) si svolge in uno scenario sconvolgente: una tempesta marina. Il Frate è il nocchiero su una barca di bronzo che le onde sembra vogliano inghiottire da un momento all’altro. Sulla riva, poi, si svolge una furibonda lotta tra un leone e sei feroci animali: il mostro dalle tre teste, la tigre, l’orso marino, la pantera, il lupo marino e la iena. Il leone che ne uscirà vittorioso simboleggia il riemergere della Tribù di Giuda. Consumata la lotta, il Frate conduce David in un giardino “che nulla aveva di terrestre, in mezzo al quale zampillavano tre fontane”. Sempre nell’estate di quell’anno due nuove visioni (Il Fiume del Mondo nel quale gli appare Gesù Cristo) e “La Divina Pastorella” nella quale gli appare la Madonna nelle vesti di una pastorella, con un giglio in mano, che uccide il serpente e gli annuncia che ora può compiere la sua missione. L’investitura ufficiale David l’ebbe durante il ritiro nella grotta presso i ruderi del Convento di S.Angelo a Montorio Romano, di ritorno dall’udienza papale. In una prima visione (16 ottobre 1868) “La Madonna della Conferenza”, gli appaiono la Madonna, S.Pietro, S.Michele Arcangelo e un suo presunto avo discendente dai reali di Francia, Manfredo Pallavicino. E fu qui che S.Pietro gli impresse sulla fronte il simbolo distintivo che porterà per tutta la vita: le due C rovesciate e unite dalla croce. Nella successiva visione della notte del 19 dicembre “una fiamma di fuoco in mezzo alla grotta” lo assorbe e gli trasmette il “fuoco divino” per intraprendere il disegno a cui era destinato fin dalla nascita, come gli dice S.Pietro.
Dietro l’impulso di queste esperienze, David si dedica anima e corpo a portare a termine la sua missione: una nuova redenzione dell’umanità che vedrà compiersi la venuta sulla terra dello Spirito Santo per dare vita alla Terza Era, quella del Diritto, che segue quella della Grazia operata da Gesù, che segue a sua volta quella della Giustizia, con l’Antico Testamento e i Profeti. La costruzione del suo pensiero teologico, codificata nei suoi scritti più importanti, “Il Libro dei Celesti Fiori”, “La mia lotta con Dio” e ”Il Simbolo dello Spirito Santo”, non è disgiunta dall’azione prettamente sociale che mette in atto durante i dieci anni che vanno dal 1868 al 1878. Ritiratosi sul Monte Labbro, presso il versante occidentale dell’Amiata, dal 1869, molti paesani vi si recano, all’inizio per curiosità e meravigliati dal repentino cambiamento della sua vita; indi cominciano ad apprezzare le sue predicazioni, tanto che in un giorno (13 aprile 1869) ben 180 persone lavorano per lui un terreno per permettergli di parlare liberamente, senza l’assillo del lavoro. David chiamerà quel campo “Il campo di Cristo” e da lì prenderà spunto per l’ideazione dei tre Istituti da lui fondati sulla cima del Monte: l’ Istituto degli Eremiti Penitenzieri e Penitenti (di carattere religioso), la Santa Lega o Fratellanza Cristiana (una Società di Mutuo Soccorso)e la Società delle Famiglie Cristiane (una Comunità somigliante a quelle dei Cristiani dei primi secoli e a carattere collettivistico, retta da una magistratura di 12 membri eletti a suffragio universale). Il fervore religioso che animava David veniva trasmesso, per il forte carisma dell’uomo, anche a chi gli era accanto e così, fin dall’inizio, fu iniziata la costruzione di tre edifici a Monte Labbro, una Torre a tre piani (simbolo della nuova alleanza fra Dio e gli uomini), un Eremo e una Chiesa. Alla Società delle Famiglie Cristiane aderirono all’inizio 80 soci; essa si andò poi progressivamente sviluppando, con l’ingresso anche di piccoli proprietari terrieri, artigiani, braccianti e con l’apertura anche di due scuole elementari (maschile e femminile) per i ragazzi e una scuola serale per gli adulti. L’azione sospettosa dei funzionari del nuovo stato unitario provocò due arresti per truffa e vagabondaggio, il primo nel 1871, con assoluzione piena, e il secondo nel 1873, con assoluzione dopo otto mesi di carcere (a sua difesa scrisse una lettera anche don Giovanni Bosco, che David aveva conosciuto nella sua casa di Torino prima di recarsi alla Gran Certosa di Grenoble e che successivamente, nel 1875, fu il tramite per la sua conoscenza con Leone Du Vachat).
Andando avanti nei suoi disegni riformatori della Chiesa, si scontrò alla fine anche con le gerarchie ecclesiastiche, che lo convocarono a Roma, presso il Sant’Uffizio, dove subì un vero e proprio processo per i suoi scritti e le sue teorie, nonostante si fosse sempre proclamato “figlio della Chiesa Cattolica Apostolica Romana”. Il contrasto divenne notevole e insanabile, dopo la pubblicazione de “La mia lotta con Dio” nel quale si dichiara prescelto da Dio, come agnello sacrificale, come il “figlio dell’Uomo” profetizzato, come strumento dello Spirito Santo per condurre a compimento l’Era del Diritto, nella quale tutti i popolo, rappacificati, avrebbero abbandonato le armi e sarebbero stati guidati da un unico pastore. Nella pubblicazione dell’ultima opera, il “Simbolo dello Spirito Santo”, equivalente del Credo, il Simbolo Niceno della Chiesa Cattolica, inoltre, David espone alcuni elementi di estrema novità escatologica, come l’avvento del Giudizio Universale sulla Terra (verranno giudicati i vivi nella fede e i morti alla grazia), e anche l’adempimento della redenzione dei figli dell’uomo con la manifestazione della “Terza Legge divina del Diritto”, e inoltre l’abolizione della confessione auricolare sostituita con quella di emenda, poiché è “cosa indegna e spiacevole a Dio la confessione auricolare”. Altra interessante proposizione riguarda l’esistenza del “Regno della Speranza”, che si pone fra il Purgatorio e l’Inferno, le cui pene, però, secondo questa professione di fede, non sono eterne. Il contrasto con l’ortodossia cattolica è evidente: David fu dichiarato dal Sant’Uffizio “un illuso” e vennero messi all’indice tutti i suoi scritti.
La drammatica esperienza del processo, se in un primo momento determina l’accettazione della “sentenza”, quasi immediatamente provoca una ben determinata reazione di insofferenza e di ribellione. Tornato sul Monte Labbro, si proclama Cristo Duce e Giudice ai suoi seguaci, venuto a portare il rinnovamento annunciato a tutta l’umanità; dopo tre giorni di preparazione, il quarto giorno, il 18 agosto 1878, scende dal Monte in pellegrinaggio ai Santuari Mariani di Arcidosso e del vicino paese di Castel del Piano, a capo di una imponente processione, disarmata e festosa, cantando inni e laudi alla Madonna. Alle porte di Arcidosso viene fermato dalla forza pubblica, che spara sulla folla e lo ferisce mortalmente. David muore la sera stessa dopo una lenta agonia. La paura del saccheggio prende il sopravvento fra i possidenti e i grossi proprietari terrieri del paese, e questo contribuirà non poco a determinare il tragico epilogo. I suoi seguaci vengono arrestati e condotti in varie carceri, Arcidosso, Santa Fiora, Scansano, Grosseto, Firenze e Siena, dove un anno dopo, nel 1879, subiscono il processo a loro carico. Sono tutti assolti dall’ accusa di “aver commesso atti diretti a rovesciare il governo ed a mutarne la forma, nonché a muovere la guerra civile ed a portare la devastazione e il saccheggio in un Comune dello Stato”. Così, ancora una volta, il potere politico, che mal sopportava lo sviluppo di “Società” come quelle istituite da David, e il potere della Chiesa, che all’epoca vedeva di ostacolo al mantenimento dei suoi privilegi il ritorno a quella povertà ed operosità evangelica propugnata dal “Profeta dell’Amiata”, ambedue avevano vinto. Ma nella gente rimase quel senso di riscatto sociale che egli aveva trasmesso e l’aveva aiutata a crescere e che col tempo darà i suoi frutti, rappresentando ancora oggi l’attualità del suo pensiero.
Dunque, chi era David? Così lo definisce l’ottavo sacerdote Turpino Chiappini nel 1993: “…Il Lazzaretti fu un semplice, e fu un compagno dei semplici, perché parlava di loro lo stesso linguaggio e noi siamo i nipoti e pronipoti di quei grandi vegliardi che continuiamo a conservare quel lievito da lui lanciato che a tempo giusto ci verranno fatti tanti pani”.
* L’autore è attualmente assessore alla Cultura del Comune di Arcidosso. Il testo, gentilmente trasmessoci dall’Associazione Toscani in Friuli Venezia Giulia, venne letto in pubblico in occasione di un evento organizzato dalla stessa Associazione nel 2009
DAVID LAZZARETTI – “IL PROFETA DELL’AMIATA” by L'Italia, l'Uomo, l'Ambiente is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.