Articolo pubblicato su IUA n° 6, Anno III, Giugno 2016
Imponente su di uno sperone roccioso che domina le gole dove scorre il fiume Nera da un lato e la pianura di Terni dall’altro, Narni rappresenta un esempio di antichissima città, ove si sono sovrapposte civiltà diverse: dall’oppidum dotato di mura ove abitarono gli Umbri (Nequinum era il suo nome), alla colonia romana che qui fu fondata dopo la conquista da parte dei Quiriti (299 a.C.), al potente Comune che nel Medioevo sfidò sia il Papa che l’Imperatore, al borgo che risorse dopo la distruzione compiuta dai Lanzichenecchi di ritorno dal Sacco di Roma (sec. XVI).
Un “chicca”, dunque, per qualsiasi archeologo, ma anche per gli appassionati di leggende e misteri.
Infatti, al nome latino di Narnia, trovato su un atlante storico quando era ancora un ragazzo, si ispirò lo scrittore C.S. Lewis per creare il fantastico reame ove si svolge una lunga lotta fra il Bene e il Male, narrata in una serie di romanzi che in Italia furono pubblicati sotto il titolo di Cronache di Narnia, poi traslati in una fortunata versione cinematografica.
Se a questo aggiungiamo che nel Palazzo, ora Museo, Eroli, è conservata una mummia egizia femminile, in un bel sarcofago destinato invece a un nobiluomo, e che quella giovane donna, di stirpe etiope, secondo alcuni potrebbe essere nientedimeno che la verdiana Aida, ecco che raggiungiamo livelli di fantasia da far invidia non solo a C. Lewis, ma allo stesso Tolkien.
Arriviamo a Narni in una bella mattina di maggio, caratterizzata da un forte vento di maestrale al cui soffio garriscono le mille bandiere multicolori di cui la città è oggi pavesata: è infatti il periodo della storica Giostra dell’Anello, una competizione simile a molte altre che si organizzano in Toscana e in Umbria (si pensi ad es. all’aretina Giostra del Saracino) nella quale si affrontano i Terzieri in cui è divisa la città: Fraporta, Mezule e S. Maria. In palio, un anello d’argento, che le lance dei contendenti dovranno infilare “al volo” mentre cavalcano focosi destrieri. Un tempo, così ci dicono, l’argento veniva “gentilmente” offerto dalla comunità israelita, mentre gli altri cittadini provvedevano alla cera necessaria per onorare degnamente la festa e San Giovenale, che di Narni è patrono, e che ne fu il primo Vescovo (siamo nel IV secolo d. C.). Le sue reliquie sono degnamente conservate nella Cattedrale che porta il suo nome, e che è anch’essa un sovrapporsi e un intersecarsi di edifici sacri di stili ed epoche diverse; in comune, sotto il livello del suolo, hanno una vera e propria necropoli alto medioevale, caratterizzata da tombe a fossa scavate nella roccia. Qui riposano anche San Cassio e gli altri antichi vescovi narnesi. La chiesa odierna, a tre navate suddivise da colonne, fu iniziata intorno al Mille e conclusa circa un secolo dopo. La costruzione è caratterizzata esternamente da un elegante portico ad archi su colonne, quattrocentesco; altrettanto bello il portale romanico della fiancata sinistra, dove si nota ancora un tratto delle mura di fondazione. L’ampio spazio interno si chiude in un presbiterio in cui la cripta e l’altar maggiore sono sovrastati da un baldacchino monumentale tipicamente barocco, che al nostro gusto stona alquanto; diverse opere, su cui sarebbe lungo soffermarsi in questa sede, ornano le cappelle laterali e absidali.
La strada principale del centro è la via Garibaldi, che probabilmente ricalca un tratto dell’antica via Flaminia e sfocia nella Piazza dei Priori, nucleo della città medievale, dove a sinistra si erge il grande Palazzo del Podestà e a destra il trecentesco Palazzo dei Priori, composto in parte da una splendida loggia che si apre sulla piazza con due altissime arcate. La piazza, lunga e piuttosto stretta, offe una visione prospettica davvero suggestiva delle antiche dimore che fiancheggiano la Via Garibaldi e la successiva Via Mazzini. Gioielli palesi o nascosti ci attendono si può dire ad ogni passo: la chiesetta di S. Maria Impensole, ad esempio, eretta nel 1175 sul luogo dove preesisteva una casa di epoca romana dotata di cisterne. E’ preceduta da un portico formato da tre archi ribassati, cui corrispondono tre portali scolpiti in stile romanico. L’interno è a tre navate scandite da colonne con capitelli, uno dei quali realizzato in forme zoomorfe. Sulle colonne e sulle pareti vi sono resti di affreschi del Trecento, dai quali possiamo immaginare come si presentasse il luogo di culto agli occhi di un fedele di quel secolo, ossia interamente dipinto.
Poco più in là, sulla sinistra, si raggiungono i giardini di San Bernardo, frequentati da una miriade di bambini con relative mamme e tate; qui un cancelletto immette in uno dei più suggestivi monumenti che si possano trovare da queste parti: le strutture ipogee del Convento di San Domenico, scavate chi sa quando (vi è una cisterna per l’acqua di epoca romana) poi trasformate in chiesa sotterranea (affreschi a partire dal sec. XII) e in altri ambienti, tra cui spicca la sala in cui era la sede del Tribunale dell’Inquisizione, con annessa cella ricoperta di graffiti. Vengono i brividi al solo immaginare i tormenti, non solo psichici, dei prigionieri, mentre attendevano di essere chiamati davanti ai giudici, appartenenti all’ordine domenicano.
Altre chiese, tra cui la vicina S. Restituta, attendono la nostra visita: quella dedicata a San Francesco (eretta nel luogo ove si pensa abbia dimorato il santo nel 1213) risale al sec. XIV e si segnala per il bel portale gotico e l’interno severo, suddiviso in tre navate da colonne che recano affreschi di varia epoca, sovrapposti in diversi strati.
Ma, qualche decina di metri più avanti, vi è il polo museale che raccoglie alcuni capolavori notevolissimi dell’arte rinascimentale: Palazzo Eroli. La famiglia di questo nome fu una delle più illustri di Narni. Qui è necessario concedersi un’oretta per una visita approfondita. Proprio all’ingresso, nell’atrio, ci accoglie il leone scolpito nella pietra che avrebbe ispirato a C. S. Lewis il personaggio di Aslan, il mitico e saggio Leone di Narnia, uno dei protagonisti delle Cronache.
Al primo piano, reperti antichi che vanno dalla protostoria al medioevo, tra i quali spicca, naturalmente, la Mummia di Narni, portata nella cittadina umbra da un appassionato cultore dell’egittologia. Il sarcofago in legno dipinto e la vera e propria mummia sono esposti separatamente, e, ripetiamo, la particolarità è che i due “pezzi” sono incoerenti, essendo la cassa mortuaria pertinente a un nobile sacerdote e la mummia invece di una giovane donna di stirpe nubiana o etiope. Secondo le indagini effettuate, la poveretta sarebbe stata uccisa dall’infestazione di un parassita che avrebbe danneggiato i centri nervosi. L’imbalsamazione sarebbe avvenuta in epoca tolemaica, quindi nei secoli immediatamente precedenti la nascita di Cristo.
Della tragica vicenda di Aida nessun cenno sui cartelli esplicativi; ma, del resto, l’ipotesi fu avanzata dalla trasmissione televisiva “Voyager”, su basi storiche molto labili, per cui lasciamo la ragazza egizia al suo sonno e passiamo alla sala successiva, dove fanno mostra di sé due grandi zanne di Elephas antiquus, la specie di proboscidato che popolava, nel Pleistocene, anche la valle del Tevere e quella del fiume Nera, presso le rive del cui antico alveo sono state ritrovate.
Tutto il piano presenta oggetti molto interessanti; tuttavia quando visiterete Palazzo Eroli lasciatevi il tempo per ammirare adeguatamente la pinacoteca situata al livello superiore.
Qui vi sono, in un’unica sala rivestita di nero, e tenuta al buio per preservarli dalla luce del sole, due dipinti eccelsi, che tutte le Gallerie del mondo (compresi gli Uffizi) esporrebbero volentieri.
Una è l’Annunciazione, di Benozzo Gozzoli (1451), l’altra, imponente, è L’Incoronazione di Maria tra angeli e santi, di Domenico Ghirlandaio (1480 circa).
Ci soffermeremo su quest’ultima, perché, oltre che essere splendida, ha una storia intrigante.
Fu commissionata al pittore fiorentino dal Cardinale Eroli, ormai anziano, che infatti non ebbe la sorte di vederla ultimata: doveva essere collocata nella chiesa del Convento francescano di San Girolamo, qualche chilometro distante da Narni, come in effetti fu, in un ambiente oscuro, tale da celarne i meravigliosi colori e l’oro profuso a piene mani, per la massima parte dell’anno. Solo in occasione dei due Equinozi la luce solare, penetrando dall’oculo della facciata, colpiva prima la semisfera dorata che si trova tra la Vergine, inginocchiata, e il Cristo seduto che la incorona; indi, con il movimento dell’astro, andava a far rifulgere, sullo sfondo d’oro, i volti dei due.
Il rimanente della grande tavola, che potete ammirare nella foto a corredo dell’articolo, restava nell’oscurità, e in tali condizioni è rimasto per circa mezzo millennio. Questa situazione ha preservato il capolavoro dagli insulti del tempo, e la collocazione odierna ce l’ha restituito in condizioni ottimali, ricreando artificialmente il “miracolo” che avveniva durante i giorni equinoziali: la guida vi spiegherà tutti i particolari, poi accenderà il riflettore che ricreerà l’effetto solare. Quando lascerete la sala, tutto ripiomberà nel buio. Ve ne andrete stupefatti da tanta bellezza, e dall’incredibile abilità tecnica di Domenico Ghirlandaio nell’ottenere l’effetto che desiderava, in un luogo e in un tempo preciso.
Tanti monumenti interessanti offrirebbe ancora Narni, ma siamo attirati da un rito collettivo che si tiene nei giorni della Giostra dell’Anello: il battesimo di Terziere, che ognuna delle contrade organizza per dare il benvenuto ai nuovi nati e anche a chi si è da poco trasferito sul posto. Tutto viene officiato in costume, e preceduto dal corteo storico con in prima fila i tamburini e i Priori; vi è il giuramento “di fedeltà” alla contrada, letto dal banditore, e vengono consegnate le “pergamene” di appartenenza al rione, tra sventolio di vessilli multicolori e lingue di fuoco che si alzano dalle alte torce.
Ci resterebbe da visitare ancora la Rocca monumentale, eretta dal Cardinale Albornoz nella seconda metà del ‘300, ma la salita fin lassù è veramente troppo faticosa, dopo un’intera giornata di tour.
Salutiamo quindi la cittadina umbra, ricordando che il suo figlio forse più noto fu il condottiero Erasmo da Narni, meglio conosciuto come il Gattamelata, che la Repubblica di Venezia onorò con un premio che a pochi è dato di ricevere: la grande statua equestre realizzata da Donatello. Il che è tutto dire.
Galleria fotografica a cura di Gianni Marucelli © 2016
UMBRIA: Narni, scrigno di leggende by L'Italia, l'Uomo, l'Ambiente is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.