Articolo pubblicato su IUA n° 6, Anno III, Giugno 2016
TOSCANA – FIESOLE: VILLA PEYRON AL BOSCO DI FONTE LUCENTE
La magia di un luogo alle porte di Firenze
Di Claudia Papini
Fotografie di Alberto Pestelli
Pochi chilometri dopo Fiesole e Borgunto troviamo, che scende verso l’omonimo castello e verso Ponte a Mensola, la sinuosa via di Vincigliata che, immersa in un fitto bosco misto dove prevalgono querce e cipressi, costeggia, digradando, il monte Fanna e la valle del Sambre e del Mensola.
Il primo imponente edificio che sulla nostra destra si staglia contro la vallata fiorentina è la Villa al Bosco di Fonte Lucente, circondata dal suo parco ricco di storia e dal suo caratteristico giardino, celato agli sguardi esterni dagli alti cipressi.
Giardino, villa, annessi, terreno circostante, insieme alla sorgente di Fonte Lucente da cui il luogo prende il toponimo, vennero acquistati tra il 1914 e il 1915 dalla famiglia Peyron. Secondo il gusto dell’epoca, la villa venne rivestita di pietraforte trasfigurandone l’aspetto e la suggestione verso uno stile neogotico, seppur conservando proporzioni della tipica casa poderale toscana dell’800.
Il giardino rimase invece pressoché inalterato fino al 1931, quando Paolo Peyron, divenuto qualche anno prima l’unico proprietario, decide di trasferirsi in questo luogo ameno e inizia la trasformazione del territorio adiacente alla casa.
A ritardare la personalizzazione degli ambienti intervenne la guerra, durante la quale il parco e la villa, occupata più volte, furono straziati, depredati e danneggiati. Appena fu possibile, Paolo si ristabilì al Bosco e iniziò a modificarlo dando inizio alla metamorfosi del posto. Oltre a curare nei minimi dettagli l’arredamento e gli interni della villa, infatti, Paolo Peyron si appropria della magia del luogo e del silenzio che vi regna; nella sua visione estesa di abitare considera villa, giardino e parco come un elemento unico; ha l’intuizione di valorizzare la naturale pendenza del terreno, che fino ad allora era stata considerata un limite a causa delle difficoltà di gestione: con sapiente arte crea nuovi ambienti, plasmando la natura multiforme e multicolore, materia in movimento che dona profumi, colori, sfumature, contrasti e stagionalità che devono fondersi prima tra loro e poi con l’architettura e il paesaggio circostante; controcorrente, rompe gli schemi del Parco tradizionale dove si impone la regolarità delle forme: seguendo la morfologia del terreno crea l’armonia prospettica introducendo, o più precisamente adattando, l’asimmetria negli spazi e nelle forme. La genesi del giardino e del parco non deriva da un progetto organico e razionale intessuto a tavolino, ma da un sentire profondo, un’immedesimazione che suggerisce il susseguirsi armonico di ampliamenti che accrescono anno dopo anno funzionalità e luoghi di incontro e raccoglimento. Il Bosco è vivo! Le siepi e i filari di cipressi sono le quinte, che separano gli ambienti creando le molteplici scene; posti su piani diversi, invisibili l’uno rispetto all’altro, ma collegati da scale di pietra e gradevoli vialetti che permettono al visitatore di cogliere con stupore il susseguirsi delle diverse atmosfere che ogni angolo trasmette, suscitando ancora le stesse emozioni percepite dal suo creatore.
La prima delle modifiche introdotte fu la creazione del “fondale”. La proprietà era interamente circondata dal bosco che le dava un carattere chiuso e raccolto: un’oasi, ma avulsa dal suo stesso contesto, un rifugio isolato. Paolo crea il legame con la pianura sottostante, aprendo, come lui stesso lo definisce, uno squarcio nel bosco che rende visibile la città, coronata all’orizzonte dai colli fiorentini. Prosegue valorizzando un altro aspetto che distinguerà e caratterizzerà il giardino: sfruttando la copiosa presenza di acqua dispone, anno dopo anno, vasche e fontane, ognuna con la propria armonica e singolare voce, che accompagnino e guidino il visitatore, presenze discrete ma costanti; se ne contano oggi ben ventinove distribuite tra piazzale, giardino e bosco: al Bosco non si ha mai la sensazione di essere soli. Manca ancora qualcosa: durante la guerra ordigni e granate hanno distrutto quasi completamente le fragili statue di terracotta che animavano il parco. Per sostituirle viene acquistata in blocco una serie di statue in pietra di Vicenza, provenienti da alcune ville venete distrutte durante la prima guerra mondiale. Saranno queste, insieme ad altre reperite dagli antiquari fiorentini, che prenderanno posto sulle balaustre e negli angoli del giardino, fino ai più reconditi, animando il parco con giovanetti, fanciulle, personaggi mitologici, danze, sorrisi e gesti.
È giunto il momento di entrare… non senza ricordarsi che il giardino di villa Peyron non si visita, si condivide, si attraversa, si vive, si percepisce con tutti i cinque sensi, come ospiti e non come visitatori: “Cor magis tibi Paulus pandit” (Paolo più che la porta ti apre il cuore) recita un’iscrizione all’ingresso della villa.
Un’ampia esedra circondata da alti cipressi separa idealmente il bosco esterno dall’ingresso. Varcando il cancello, un breve filare di cipressi ci accompagna fino ad un primo piazzale. Davanti a noi troviamo la villa, un palazzo composto da un corpo principale e da uno più alto con funzione dominante, sulla sinistra la colonica e tra i due edifici una terrazza che si affaccia sul sottostante oliveto, ambiente complementare al giardino, che ancora risulta celato; si tratta di una prima prospettiva, creata da Paolo Peyron, che rese l’oliveto elemento paesaggistico, eliminando le altre colture, dotandolo di un ampio laghetto e chiudendo lo sfondo di questa inquadratura con un bosco arricchito da conifere di varie specie che lo distinguono per forme e tonalità del selvatico circostante.
Lo sguardo è naturalmente attratto dalla vista panoramica su Firenze, verso cui risulta spontaneo dirigersi; con pochi passi, sfiorando grandi vasi di agrumi, ci troviamo sul primo terrazzamento, quello che circonda la casa e ne costituisce la prima naturale estensione. La doppia siepe di bosso limita le aiuole disposte intorno alla fontana; il pozzo e la balaustra ornata da statue, rappresentanti le stagioni, completano il disegno. Affacciandosi appare un’altra prospettiva sui piani terrazzati del giardino. Si continua scendendo sulla seconda terrazza anch’essa quadripartita da siepi di bosso disposte intorno alla fontana centrale. Sullo stesso piano, spostata rispetto all’asse centrale del giardino, e nascosta da una più alta siepe, troviamo la cappella dedicata alla Madonna della Pace con il suo colonnato a simboleggiare il chiostro, e, nel giardinetto antistante, una fontana disegnata da Paolo stesso. Da questo luogo, sapientemente celato, troviamo uno degli accessi allo spazio dedicato alla musica. Un angolo di pace isolato dal resto del giardino, digradante verso l’oliveto e il lago, circondato da alzate di frutta e da statue che ricordano la musica e la danza. A lato troviamo le agavi che avevano il compito di ricordare ai Peyron la loro villa livornese.
Tornando sui nostri passi e proseguendo lungo l’asse centrale, ci accorgiamo che il giardino formale inizia ad assottigliarsi incuneandosi e fondendosi con il bosco. Sul nuovo terrazzamento troviamo un’aiuola quadrata, internamente rimarcata da geometriche siepi e sfere di bosso e, accanto, una grande vasca. Ai due lati opposti, celati alla vista dagli alberi ad alto fusto, troviamo rispettivamente l’angolo del tè e lo spazio dedicato alla conversazione, simbolico luogo di incontro, al quale si può accede seguendo tre diversi itinerari. La seduta circolare che lo caratterizzava è stata trasformata in una fontana, ma sostando in questo angolo raccolto se ne coglie ancora la tranquillità e la quiete e ci possiamo immaginare le pacate conversazioni di Paolo Peyron con i suoi ospiti. Proseguendo ancora, si attraversa un piccolo ponte che ci conduce al laghetto giapponese immerso nella vegetazione e impreziosito dalle ninfee.
Senza discontinuità ci troviamo accolti dal paretaio, ravvivato dal tappeto di pervinche che conclude il giardino. Da qui si può seguire il viale dei cipressi e poi uno dei sentieri che si addentra nel bosco adiacente, si può tornare verso la villa risalendo l’ombroso viale del lato ovest o risalire verso il piazzale della musica accorgendosi che da questa parte siamo accolti da una imponente statua di Pan che suona il flauto. Risaliamo le scale regalandoci un nuovo sguardo sulla vallata.
Dopo questa visita, anche se virtuale, ci rendiamo conto di quanto complessa debba essere stata la ricerca di armonia di Paolo Peyron, che voleva vivere il suo giardino e condividerlo con ospiti e amici, oggi anche con noi. Un lavoro senza fine, con la natura che modifica il suo aspetto ogni giorno, una dedizione paziente e costante che solo l’amore per questo luogo può aver suscitato.
Grazie alla donazione di Paolo Peyron dell’intera proprietà alla Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron “con lo scopo di trasmetterla alle future generazioni” possiamo oggi apprezzare questo prezioso smeraldo incastonato nelle nostre colline.
Galleria fotografica a cura di Alberto Pestelli © 2016
Toscana – FIESOLE: INSIEME A PRO NATURA FIRENZE A VILLA PEYRON AL BOSCO DI FONTE LUCENTE by L'Italia, l'Uomo, l'Ambiente is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.