Le capre al pascolo

Un allevamento di capre in continuità con la tradizione di famiglia e arricchita dagli studi di due giovani imprenditrici.

Un motivo di speranza ci viene dalle pendici del Monte Amiata, dove due ragazze sotto ai 30 anni hanno messo in piedi un allevamento di 100 capre e vendono prodotti caseari di ottima qualità. Abbadia San Salvatore è il mio paese di origine e con piacere racconto la loro storia e le motivazioni che le hanno mosse in quest’impresa coraggiosa, in un momento in cui la concorrenza delle grandi aziende è così spietata. Hanno cominciato la produzione nel 2020 e non si sono lasciate scoraggiare nemmeno dal Covid che le ha messe in seria difficoltà. Ho intervistato Valentina, la più grande delle due sorelle, la loro mamma Simonetta e la loro nonna Bruna. Una tradizione di famiglia che le ragazze hanno ripreso dopo che la loro mamma l’aveva interrotta, ma senza perdere la passione per la campagna scritta nel loro DNA e trasmessa dai loro antenati, tutti agricoltori e allevatori da almeno 5 generazioni. La loro storia parla di una grande passione a cominciare dal modo singolare con cui hanno iniziato.

Racconta Valentina: – Tutto è cominciato quando la mia sorella per il 18° compleanno mi chiese in regalo due caprette. Ci innamorammo da subito di questi affascinanti animali testardi ma anche incredibilmente intelligenti, prepotenti e affettuosi. Intanto sia io che la mia sorella avevamo iniziato a studiare Biologia all’Università di Viterbo e presto decidemmo anche di trasformare questa nostra passione in un lavoro. Nacque così la nostra azienda che al momento conta 100 capre, e una decina di ettari di terreno in affitto e tanta voglia di metterci in gioco.

Anche il nome è singolare: Azienda Agricola Gli Irti Colli.

– Il nome ci è venuto in mente – continua Valentina – quando abbiamo visto il pascolo che si trova andando da Abbadia verso Radicofani, nella strada del Moro. Quelle colline ripide un po’ brulle ci hanno ispirato il nome che richiama la poesia di Carducci e ci è piaciuto chiamarla così.

Gli studi di biologia sono stati di aiuto nella conduzione dell’Azienda, ma spesso ricorrono ai consigli di nonna Bruna per alcune questioni più pratiche dove l’esperienza fa la differenza; una nonna saggia che riconosce e gioisce per la superiorità delle nipoti. Così dice nonna Bruna: – Secondo me so’ più brave loro di me. Loro c’hanno certe scoperte che io nemmeno me le sognerei. Dicono: – Questo si deve fa’ così, quest’altro così. Io una volta non l’avevo questa preparazione che hanno loro. In quei momenti mi danno quella gioia dentro…

Purtroppo i guadagni non sono remunerativi rispetto alla quantità di lavoro. 

Le capre al pascolo

Dice ancora Valentina: – Considera che in tutte le stagioni vivi l’alba e il tramonto e tra sistemare le capre, mungerle, fare il formaggio … il lavoro è tanto. Per fortuna riusciamo a vendere i nostri prodotti, ma si guadagna poco perché poi vai a paga’, paghi questo, paghi quell’altro e non ci rimane quasi niente e questa cosa non va bene. Ti spiego: nell’agricoltura per ogni piccola iniziativa c’è troppa burocrazia che porta via un sacco di tempo e di soldi. Poi il gasolio costa molto e ce ne vuole tanto e, anche se c’è il gasolio agricolo che costa meno, è un onere gravoso e incide molto sui costi. Ogni tanto dobbiamo ricorrere a qualche risparmio per far fronte ai pagamenti. Ci vuoletanta passione e quella per fortuna non ci manca.

E proprio per passione ci tengono a fare un prodotto di alta qualità, senza cercare scorciatoie economicamente redditizie, ma che abbasserebbero il livello qualitativo.

Valentina: – Noi abbiamo 100 capre e nel periodo migliore faremo 150 litri di latte al giorno. A volte ci dicono: – Perché non tenete le capre che fanno ogni giorno 5 litri di latte a capra?

Perché le capre che fanno tanto latte sono di razza pura, ma il formaggio che ne esce non è buono come quello che facciamo noi con le nostre capre ibride. Noi c’abbiamo fatto caso: il latte per essere bono deve essere ibrido.  E noi ci teniamo a fare un prodotto di qualità anche a scapito della quantità.

Anche la ricotta è fatta come una volta. Ci avevano consigliato di allungarla col latte, ma veniva meno bona e siamo tornate a farla genuina.

Questa scelta le premia, perché i loro prodotti sono molto richiesti e vengono venduti, oltre che in un piccolo negozio del paese, nei mercati di Campagna Amica, un’associazione di Aziende all’interno della Coldiretti. In particolare sono presenti due volte alla settimana a Siena, il martedì in Piazza d’armi e il sabato a Colonna. La passione per la campagna è la stessa che esprime la nonna nonostante i suoi 81 anni:  

Hanno davvero una gran passione e le capisco perché se io avessi le gambe bone andrei là sempre e porterei anche le bestie pe’ campi con loro. Peccato che non c’ho le forze.

E dai nonni hanno ereditato anche l’amore e la cura per le loro capre.

Sentiamo Valentina: – Ogni capra per noi è parte della famiglia e per questo facciamo di tutto perhé abbiano una vita felice. Controlliamo sempre che stiano tutte bene e siamo anche un po’ esagerate in questo, del resto gli animali alla fine per me sono il tesoro che ogni allevatore ha. La mi’ mamma mi raccontava che anche il su’ nonno era fissato per tene’ bene gli animali: prima di anda’ a letto andava a controlla’ che tutte le bestie stessero bene e che tutti i bovi ruminassero, sennò non ce la faceva a dormire. Cerchiamo anche di non sfruttare troppo le nostre capre e gli diamo due mesi di asciutta nell’inverno prima che nascano i capretti. In questo modo il nostro lavoro è stagionale e anche questo abbassa i guadagni, ma questo per noi non è prioritario.

Anche i genitori di Valentina collaborano nell’Azienda e condividono gli stessi sentimenti verso le capre. Questo aneddoto davvero singolare ne è la prova.

– Le mie figliole vogliono bene alle loro capre, e sai che le capre so’ difficili e fanno come gli pare, ma sono affettuose e intelligenti e tutti noi gli vogliamo bene. Vedi questo gonfio nel labbro? Me l’ha fatto una capra che ha alzato il capo all’improvviso e mi ha colpito. Un male!!! Mi so girata e gli ho dato uno schiaffo nel muso, come fosse un figliolo!

Valentina: – Se si tengono bene, le capre campano anche una quindicina d’anni e, dove non vengono sfruttate troppo, fanno il capretto tutti l’anni. Per esempio ce n’abbiamo una, quella che si chiama Cavatappi, che ora c’ha 13 anni e continua tutti l’anni a farci 2 capretti o 3 e poi produce latte, perciò ce la teniamo. Invece in genere in altri pascoli quelle più anziane vengono mandate al macello.

Non ci crederete, ma le capre di Valentina hanno tutte un nome che non viene dato a caso, ma studiato sul comportamento di ogni capra. Così lo spiega Valentina:

– Sì, noi c’avemo 100 capre e c’hanno tutte il nome. All’inizio davamo alle capre tutti nomi dolci e bellini tipo Macchia, Ala. Ora col passar degli anni, abbiamo imparato a capi’ le capre e scegliamo i nomi più adatti al loro carattere o al comportamento. Ti dicevo di quella anziana che si chiama Cavatappi perché apre le porte usando i corni come cavatappi. Così ce n’è una che si chiama Psico perché effettivamente è una capra pazza, salta da tutte le parti e non puoi sape’ quello che combina; oppure nomi catastrofici come Tzunami, Vaiolo. Ce n’è una che si chiama Cathrina perché dove passa è come l’uragano Cathrina, hai capito? Per noi è anche una comodità, perché se il nome non è azzeccato, dopo non ce lo ricordiamo. Certo che le capre c’hanno il bollino di riconoscimento, ma se io devo di’ alla mi’ sorella per es: -Guarda, ‘sta capra bisogna ricontrollarla perché s’è ferita a una gamba. Come fo a diglielo, il giorno dopo non ci sono e non posso fargliela vede’, invece se hanno i nomi dico: -Guarda, che ne so, Tzunami s’è fatta male a ‘na gamba, guardagliela. Capisci che ci torna comodo averci i nomi. Altri nomi… che ne so, Castagna, Bianca, Holly, Sissi… c’è di tutto poi c’è Delta, Charlie… ora non mi vengono in mente perché se non le vedo non mi vengono i nomi.

Queste parole la dicono lunga sui sentimenti che muovono queste due ragazze nel loro lavoro! Ho chiesto che cosa vorrebbero che fosse fatto dal governo italiano e anche dall’Europa e la mamma Simonetta ha risposto così:

– La politica europea ci dà speranza solo se fa la difesa del prodotto e del prezzo, per non essere sopraffatti dalla concorrenza di paesi dove non è garantita la genuinità. Il governo italiano in particolare deve proteggere il Made in Italy e sostenere il prodotto di qualità. Credo anche che il governo dovrebbe aiutarci con gli sgravi fiscali proteggendo la piccola e media industria, invece oggi le agevolazioni vengono date alle grandi aziende dove, per esempio, l’IVA viene pagata solo fino ad un certo tetto che noi non raggiungiamo mai, mentre una grande azienda lo raggiunge in pochi mesi.

Ringrazio di cuore questa famiglia che mi ha aperto una finestra su un mondo che potevo solo immaginare, ma soprattutto mi ha comunicato la bellezza di una generosa passione che queste ragazze investono nella cura amorevole delle loro capre e nell’impegno a fare un prodotto buono e genuino. In tempi di cibi artefatti e di corsa al guadagno ad ogni costo, la loro scelta ci fa sperare nella possibilità di un futuro migliore dove i giovani come loro diventano protagonisti di una vera alternativa e dove anche i sentimenti e i valori buoni trovano spazio. Mentre mi auguro con tutto il cuore che riescano a proseguire con questo spirito e a ottenere un giusto riconoscimento anche economico di questo lavoro così prezioso, termino con le parole di Valentina.

 La nostra Azienda è nata solo per passione, una passione profonda per questa nostra terra e per questi animali che ci ricambiano con latte di ottima qualità.

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CC BY-NC-ND 4.0 Le pastorelle biologhe del Monte Amiata by L'Italia, l'Uomo, l'Ambiente is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.