Articolo pubblicato su IUA n° 4, Anno III, Aprile 2016
Abbiamo parlato su questa rivista, e più di una volta, del Castello di Sammezzano, una struttura monumentale situata nel Valdarno fiorentino e circondata da un immenso parco, in cui spicca la maggiore densità in Italia di Sequoie. Il Castello fu realizzato, quale oggi si vede, alla metà del XIX secolo, su un edificio preesistente forse addirittura da epoca romana, dal Marchese Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona, di nobile e ricchissima famiglia fiorentina.
Tipo originale ed eclettico, grande collezionista, bibliofilo ed erudito, botanico appassionato, il Marchese scelse per questa sua dimora uno stile orientaleggiante, con richiami all’architettura islamica, a quella indiana, a quella cinese e così via. Ne uscì un unicum nel suo genere, in un’epoca in cui, pure, lo stile prescelto era di gran moda. Profusione di stucchi, di affreschi coloratissimi, di giochi di luce e di acqua, che pazienti artigiani realizzarono in quasi quarant’anni di lavori: un mondo fiabesco che è stato anche location di molti film, tra cui il recente “Il racconto dei racconti” di Garrone. Intorno al Castello, che sorge in cima a un’altura, un immenso parco “all’inglese” in cui trovarono dimora numerosissime specie esotiche, tra cui, appunto, molte Sequoie, sia della sottospecie Sempervirens che di quella Giganteum. Molti edifici di servizio e un efficiente sistema di drenaggio e di utilizzo delle acque completarono questa grande opera, il sogno di una vita che Panciatichi, con molta tenacia, condusse a compimento.
Dopo la sua morte, numerose vicende portarono al passaggio della proprietà in altre mani; durante la guerra e l’occupazione nazista, il castello fu depredato di tutti i suoi arredi, ma comunque l’architettura rimase intatta. Dagli anni 50 del secolo scorso, essa ospitò un Hotel di gran lusso e un ristorante; chiusa l’attività all’incirca nel 1990, il Castello e il Parco andarono all’asta. Nel tentativo di ampliarne la superficie a fini alberghieri, si provò a costruire, proprio nei pressi, un vero e proprio ecomostro, una struttura moderna che per fortuna fu fermata allo stadio di scheletro di cemento armato. Tuttavia, da allora, e sono passati cinque lustri, tutto il complesso è stato abbandonato a se stesso. L’incuria, le intemperie, i vandali hanno provocato un rapido decadimento sia dell’edificio sia del parco. Ormai siamo giunti alla fase critica che può essere riassunta con la frase: “o si interviene subito, o va tutto in malora!”.
Le ultime aste, battute nell’autunno scorso, sono andate ancora deserte; la prossima, il 25 maggio, rischia di fare la stessa fine.
Per provare a salvare il Castello e il suo Parco, che costituisce ancora un’importante attrattiva e potrebbero rientrare a pieno titolo nei circuiti turistici del nord della Toscana, si è costituito il Movimento “Save Sammezzano”, che si è dato il compito di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione, contattando sia il mondo politico nazionale (sono state presentate interrogazioni in Parlamento) che quello locale (stesse iniziative in Consiglio regionale toscano), e prendendo contatto anche con l’estero.
Di Sammezzano si è parlato, con i giovani e preparatissimi responsabili del Movimento, durante una serata organizzata da “L’Italia, l’uomo, l’ambiente” e dall’Associazione Pro Natura Firenze. La prospettiva di trovare un acquirente che sia in grado di investire anche qualche decina di milioni di euro per il restauro del Castello e il ripristino del parco sembra ancora lontana, tuttavia crediamo che l’impegno e la passione di cui da prova il Movimento potranno produrre effetti concreti: non mancherebbero certo gli stimoli per un investitore lungimirante, quando si pensi che, ai piedi della collina, esiste un grande outlet di grandi marche (Prada, ad es.) dove confluiscono pullman pieni di turisti in vena di shopping. Si tratterebbe di assicurare un ritorno economico adeguato all’eventuale compratore, ma al tempo stesso di ottenere che la fruibilità del complesso monumentale al grande pubblico. rimanga assicurata.
Perché Sammezzano continui a essere patrimonio di tutti.
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