Articolo pubblicato su IUA n° 9, anno IX, Ottobre 2022
Ales è un paese della provincia di Oristano situato ai piedi del Monte Arci (massiccio situato nella pianura del Campidano le cui vette sono torrioni basaltici di natura vulcanica che formano come un treppiede, da cui deriva il nome di Trebine), nella sua parte orientale, facente parte della Marmilla. La sua area fu abitata già dal neolitico per i ricchi giacimenti di ossidiana del Monte Arci. Al territorio di Ales appartengono due nuraghi, il Gergui e il nuraghe Espis. Al periodo nuragico seguì la dominazione romana della vicina colonia romana di Uselis nel 62 d.C. Fu poi sede vescovile. Oltre alla chiesa di San Pietro e Paolo, costruita nel 1686 su disegno dell’architetto genovese Domenico Spotorno, ove si custodisce un crocifisso del Trecento, nella stessa piazza si trova il palazzo vescovile, il seminario e l’oratorio della Madonna del Rosario. Nel Medioevo appartenne al Giudicato di Arborea ma, dopo la sconfitta del Giudicato e la fine del Marchesato oristanese, nel 1478 passò al dominio aragonese e fu feudo dei Carroz. Del suo castello di Barumele edificato dagli Aragonesi e abbandonato nel XVI sec. restano solo ruderi. Nel 1603 Ales passò al Marchesato di Quirra, feudo dei Centelles, poi riscattato nel 1839 a seguito dell’abolizione del sistema feudale. Ales è il paese nativo di Antonio Gramsci (1891-1937).
Viene ricordato ad Ales con una targa posta nella sua casa natale e in uno spazio pubblico a lui dedicato allestito da Giò Pomodoro (1930-2002, scultore astratto, orafo, incisore e scenografo italiano) con elementi triangolari simbolici, intitolato “Piano d’uso collettivo”, inaugurato il primo maggio 1977 da Pietro Ingrao (politico, ex Membro della Camera dei deputati, giornalista e partigiano italiano.1915- 2015). Su alcune pietre son riportate alcune parole in sardo: “sa terra” (la terra), “s’agua” (l’acqua), “su fogu” (il fuoco), “sa pedra” (la pietra), “su soli” (il sole), “sa luna” (la luna), “sa roda” (la ruota).
Antonio Gramsci è figlio di Francesco, impiegato presso l’ufficio del registro di Ghilarza, e di Giuseppina Marcias, quarto di sette figli (Gennaro, Grazietta, Emma, Antonio, Mario, Teresina, Carlo). Nel 1894 a Sorgono frequenta l’asilo delle suore, qualche tempo dopo comincia a manifestarsi il morbo di Pott, con inizio di malformazione fisica che la famiglia attribuisce a una caduta dalle braccia di una donna d’aiuto familiare. Sin dall’infanzia soffrì di crisi emorragiche ed ebbe diversi interventi terapeutici. Nel 1898 il padre è arrestato per irregolarità amministrativa. La madre si trasferisce a Ghilarza con i sette figli.
Ghilarza sta ai piedi della catena del Marghine e del massiccio del Montiferru, sull’altopiano di Abbasanta. Testimonianze archeologiche attestano le frequentazioni di popoli in età prenuragica, nuragica, fenicio-punica, romana e bizantina. Nel medioevo appartenne al Giudicato di Arborea, compreso nella curatoria del Guilcer (feudo regio il cui nome sarebbe toponimo di derivazione romana dal lat. Aquilifer, portatore di vessillo). Alla caduta del Giudicato (1420) passò sotto il dominio aragonese e feudo regio. Nel 1839, alla decadenza feudale, anche Ghilarza fu riscattata ai suoi feudatari. Qui Antonio Gramsci trascorse l’infanzia e la giovinezza e iniziò la sua formazione.
Nel 1900 il padre è condannato a 5 anni e 8 mesi di carcere da scontare a Gaeta. Nel 1903, con il massimo dei voti, ottenne la licenza elementare ma per le ristrette condizioni economiche familiari dovette interrompere gli studi e lavorare presso l’Agenzia delle Imposte dirette e del catasto di Ghilarza. Quattro anni dopo il padre viene scarcerato e torna dalla famiglia a Ghilarza.
Nel 1905 Antonio si iscrive al Ginnasio dell’Istituto Carta Meloni di Santu Lussurgiu, inizia a leggere la stampa socialista e l’”Avanti” che gli faceva pervenire il fratello Gennaro. A seguito della licenza ginnasiale, si iscriverà al liceo Dettori di Cagliari. È nel 1910 che sull’Unione Sarda, quotidiano cagliaritano, pubblicherà un suo primo articolo, “A proposito di una rivoluzione”. Nel 1911 vince la borsa di studio per il collegio Carlo Alberto di Torino e si immatricola alla Università di Torino, Facoltà di Lettere per Filologia, rivolgendosi particolarmente allo studio della glottologia con la guida di Matteo Giulio Bartoli, che gli assegnerà alcune ricerche sul dialetto sardo. Nel suo stesso collegio conobbe Palmiro Togliatti. Nel 1913, con lo pseudonimo Alfa Gamma scrive sul Corriere Universitario. A seguito dei grandi scioperi metallurgici entrò negli ambienti operai, stringendo amicizia con Angelo Tasca. Furono attivi, entrambi, nel movimento giovanile socialista. Infatti, insieme a Tasca e Togliatti fondò la rivista socialista dal titolo “La città futura.” Intanto, andarono peggiorando le sue condizioni di salute, per cui interrompe gli studi universitari per dedicarsi maggiormente al giornalismo e al movimento socialista.
“Poi ho conosciuto la classe operaia di una città industriale e ho capito ciò che realmente significavano le cose di Marx che avevo letto prima, per curiosità intellettuale. Mi sono appassionato così alla vita, per la lotta, per la classe operaia”.
Nel 1915 viene assunto nella redazione torinese dell’Avanti, collaborando anche al settimanale “Il Grido del popolo”; fonderà poi un gruppo di giovani socialisti torinesi, il “Club di vita morale”. Esce anche il primo numero dell’edizione piemontese, quindicinale, dell’Avanti, diretto da Ottavio Pastore; pubblicherà inoltre un articolo dal titolo” Stato e sovranità” su “Energie nuove” di Piero Gobetti. Nel 1919 fonda, con Togliatti, Tasca e Terracini, “L’ordine nuovo”, settimanale di cultura socialista. Viene eletto nella commissione esecutiva della sezione socialista. Il 20 luglio dello stesso anno, durante uno sciopero di solidarietà con le repubbliche comuniste di Russia, è arrestato e inviato per qualche giorno nelle Carceri nuove di Torino. Nel 1921 esce il primo numero dell’Ordine Nuovo diventato quotidiano, di cui assume la direzione. Partecipa a Livorno al XVII Congresso del Psi ed entra nel Comitato centrale del Pcd’I.
”Le società degli uomini si accostano fra di loro, si intendono, sviluppano attraverso i contatti una volontà sociale, collettiva, e comprendono i fatti economici e li giudicano, e li adeguano alla loro volontà, finché questa diventa la motrice dell’economia, la plasmatrice della realtà oggettiva”
Si reca a Mosca con Bordiga e Graziadei e a giugno del 1922, in difficili situazioni di salute, partecipa alla seconda conferenza dell’Esecutivo dell’Ic (organizzazione internazionale dei partiti comunisti). Dopo i lavori verrà ricoverato nella casa di cura Serebrjanij bor dove conosce Eugenia Schucht anch’essa ricoverata, e poi sua sorella Giulia, della quale si innamorò, figlie di un esule antizarista.
Partecipa al IV Congresso dell’Ic e ad ottobre ha un colloquio con Lenin. Impossibilitato a rientrare in Italia a causa del mandato di cattura spiccato contro di lui, rimane a Mosca. Nel 1924 esce a Milano il primo numero dell’Unità. Viene eletto deputato alle elezioni politiche del 6 aprile nella circoscrizione del Veneto e a maggio rientra in Italia. Entra nell’esecutivo del Pcd’I e si trasferisce a Roma dove viene eletto segretario del partito. Il 10 agosto Giulia dà alla luce il loro primo figlio, Delio. Nel 1925 conosce a Roma la sorella maggiore di Giulia, Tatiana. Tornerà a Mosca per partecipare al V Esecutivo allargato dell’Ic. In seguito, tornato a Roma, interviene alla Camera contro il disegno di legge sulle associazioni segrete, presentato da Mussolini e da Alfredo Rocco. Lavora con Togliatti alle tesi per il congresso. In autunno Giulia e il piccolo Delio lo raggiungono a Roma.
A Lione, nel 1926, al III congresso del Pcd’I, presenta la relazione sulla situazione politica generale. Trascorrerà una breve vacanza a Trafoi (Bolzano) con Delio, Giulia ed Eugenia. Giulia, nuovamente incinta, torna a Mosca dove il 30 agosto dà alla luce Giuliano.L’8 novembre Gramsci è arrestato e rinchiuso a Regina Coeli in assoluto isolamento. Il 18 novembre è assegnato al confino di polizia di Ustica.
Il 14 gennaio 1927 il Tribunale di Milano emette mandato di cattura, il 20 gennaio è tradotto al carcere di San Vittore. La cognata Tatiana si trasferirà a Milano ad assisterlo.
Lettera di Gramsci alla madre (10 maggio 1928)
Carissima mamma
Non ti vorrei ripetere ciò che ti ho spesso scritto per assicurarti sulle mie condizioni fisiche e morali. Vorrei per essere proprio tranquillo che tu non ti spaventassi o ti turbassi troppo qualunque condanna stiano per darmi, che tu comprendessi bene, anche col sentimento, che io sono un detenuto politico e sarò un condannato politico, che non ho e non avrò mai da vergognarmi di questa situazione, che in fondo la detenzione e la condanna le ho volute io stesso in certo modo, perché non ho mai voluto montare le mie opinioni per le quali sarei disposto a dare la vita e non solo a stare in prigione, che perciò non posso che essere tranquillo e contento di me stesso. Cara mamma vorrei proprio abbracciarti stretta stretta perché sentissi quanto ti voglio bene e come vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho dato, ma non potevo fare diversamente. La vita è così molto dura e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme se vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini. Ti abbraccio teneramente Nino
Il 28 maggio si apre a Roma il “processone” contro di lui e il gruppo dirigente del Pcd’I. Il 4 giugno lo condanneranno a 20 anni, 4 mesi, e 5 giorni di reclusione. A causa delle sue condizioni di salute è destinato alla casa penale per minorati fisici e psichici di Turi (Bari). Nel 1929 ottiene il permesso di scrivere. A febbraio inaugura il suo primo quaderno. In carcere riceve la visita di suo fratello Gennaro. Nel 1932 con i provvedimenti di amnistia e condono, per il decennale della Marcia su Roma, la condanna viene ridotta a 12 anni e 4 mesi.
Inizia la stesura dei “Quaderni speciali.” Il 30 dicembre a Ghilarza muore la madre.
Nel 1933 a seguito dell’aggravarsi della sua malattia lascia la casa penale di Turi, trascorre una breve permanenza nell’infermeria del carcere di Civitavecchia, poi nella clinica del prof. Cusumano a Formia. Riceve la visita di Piero Sraffa. Ad ottobre inoltra richiesta per la libertà condizionale che viene accolta. Nel 1935 una nuova crisi lo farà trasferire alla clinica Quisisana di Roma. Interrompe la stesura dei quaderni. Nel 1937, terminato il periodo di libertà condizionale riacquista la libertà. Il 25 aprile è colpito da emorragia cerebrale. Morirà due giorni dopo. Le sue ceneri saranno dapprima depositate nel cimitero del Verano, nell’anno successivo trasferite al Cimitero acattolico di Roma.
“Odio gli indifferenti
Credo che vivere voglia dire essere partigiani
Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano.
L’ indifferenza è abulia è parassitismo è vigliaccheria non è vita.
Perciò odio gli indifferenti.
L’indifferenza è il peso morto della storia…”
Riportare alla memoria… Non dimenticare la grandezza del suo sacrificio. Dare la vita!!! In nome di un’idea, un appellarsi senza tregua alla propria coscienza per difendere diritti civili e politici e la libertà di popolo e Nazione. In nome di questa bandiera popolare, in nome del suo popolo sovrano, (art. 1 della Costituzione della Repubblica Italiana “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul Lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”) parole che sembrano dettate da Antonio Gramsci, che con il suo coraggio civile ci rappresenta e ci unisce.
Gramsci è nato in Sardegna in un territorio di contadini poveri. È da questa povertà e miseria dei suoi contadini e pastori che inizia ad imparare ad osservare la società e la realtà in toto. Aveva un obiettivo: portare il Mezzogiorno a livello del Nord. Era la sua idea democratica di Italia, un Italia unita attraverso riforme sociali e politiche, con nuovi organi di autogoverno popolare e gruppi sociali accompagnati da intellettuali progressisti. Era questa l’idea socialista di Gramsci: i problemi della Nazione nascono dagli stessi problemi del popolo e dei lavoratori. È da qui… è dal popolo che bisogna ripartire…dal suo benessere e dalla giustizia sociale. Oggi come oggi lui griderebbe ancora: Salviamo i giovani! Salviamo il lavoro! Salviamo quei politici che stanno dalla parte del servizio al popolo. Gramsci parla l’ultima volta alla Camera il 16 maggio 1925 e con forte intuizione politica si rivela un vero leader, un capo! Nel 1926 venne arrestato e l’accusatore si appella a una giustificazione che esula dal diritto penale: “per vent’anni noi dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare”. Il Tribunale speciale con questa famosa espressione dimostrava paura verso quel pensiero libero e quella intelligenza critica. Se realmente il suo fisico venne imprigionato e represso, ostacolato nella libertà sino alla morte, non così le sue idee e la sua anima, che ancora è viva nei suoi scritti, nelle note, nelle lettere e nelle sue parole. Un olocausto nobile in difesa del parlamento italiano! È proprio dal parlamento che fuoriescono le più significative testimonianze a ricordo di Gramsci uomo e pensiero, di Gramsci politico e scrittore. Tutto il suo spessore viene racchiuso nelle rievocazioni e commemorazioni che omaggiano un rappresentante del popolo italiano che osteggiava la tirannia, in difesa dello spirito di libertà. In questa veste fu esempio di sublime forza spirituale. In lui si riuniscono tutte le vittime di fascismo e i migliori figli del popolo italiano caduti per la libertà. E fu in Parlamento che Gramsci volle dire al popolo italiano la verità su quel che il fascismo nascondeva, senza patteggiare con sé stesso, si espose al rischio. E lo arrestarono in aperta violazione alla Costituzione che garantiva l’immunità parlamentare.
Ecco la commemorazione che ne fece un altro grande antifascista sardo, Emilio Lussu, in Parlamento nell’immediato dopoguerra:
Ho l’onore di pronunciare poche parole su Antonio Gramsci a nome del Partito sardo d’azione. Ieri in Sardegna il collega onorevole Togliatti ha pronunciato una grande commemorazione di Gramsci, presenti, tra le altre, le bandiere del Partito sardo d’azione e dei contadini. E nel piccolo paese di Ales dove Antonio Gramsci nacque, il massimo rappresentante delle organizzazioni del Partito sardo d’azione ha commemorato Antonio Gramsci presenti tutti i contadini della zona, forse la più povera, come condizioni sociali dei lavoratori rurali della Sardegna. Io vorrei qui, di fronte a tutti i colleghi che hanno vissuto questi ultimi venti anni, portare l’espressione di ammirazione e di riconoscenza di quanti han visto in Gramsci la magnifica e salda guida che con l’esempio additava, per l’azione politica e per la resistenza agli oppressori, la via sicura. Soprattutto io qui sento che esprimo la coscienza di una generazione di giovani… In Antonio Gramsci questa generazione vede il Maestro, per cui egli appartiene a tutti, a tutti i partiti, a quanti hanno anteposto la dignità umana e la volontà di liberazione agli altri problemi contingenti. È il Maestro di tutti, una guida del popolo italiano, che ha dimostrato a tutti la dignità della rinascita, che noi commemoriamo oggi in Antonio Gramsci. Egli svolse la sua azione, egli proveniente da un paese rurale infinitamente povero, e fece la sua esperienza in una città fermento di vita moderna, e nella fabbrica, nella Fiat. Egli ha saputo creare nel movimento operaio un ambiente nuovo che ha suscitato un fermento nuovo. Noi tutti abbiamo sentito, lontani o vicini a lui, a fianco degli operai e a fianco dei contadini, tutti abbiamo sentito questa impronta nuova che Antonio Gramsci ha portato con la sua azione e col suo pensiero nella fabbrica. Ed egli ha creato una nuova forma di vita nella fabbrica e una nuova coscienza, per cui al vecchio, o al socialismo tradizionale fatto di motivi di agitazione e di spontaneità, egli ha sostituito con ferrea decisione questa nuova volontà politica della classe operaia… era in fondo l’intuizione che gli operai della Fiat avevano avuto quando, con la semplicità che allora faceva sorridere qualcuno, offrirono la loro candidatura, la loro rappresentanza di operai a Gaetano Salvemini, figlio di contadini poveri delle Puglie, del Mezzogiorno. E vorrei sottolineare a questa assemblea, un altro spiccato carattere dell’individualità umana e morale di Antonio Gramsci. Quando si leggono le lettere che di lui recentemente son state pubblicate, si vede che Antonio Gramsci non era solo il politico, il pensatore geniale, l’organizzatore senza fatica, ma era soprattutto portatore di un grande senso umano della vita. Queste sue lettere lo ricorderanno, e lo ricorderanno ovunque le ultime parole della sua vita, che egli rivolse poco prima che spirasse, in sardo, nell’idioma del suo piccolo villaggio natale, alla madre lontana. Antonio Gramsci è per noi, oltre che un maestro di vita, oltre che una guida, anche un esempio umano, profondamente umano. Egli come Piero Gobetti, aveva imparato a conoscere i problemi delle isole del Mezzogiorno, più che nella vita vissuta nella letteratura sociale e politica, ed era arrivato, come Gobetti, alla visione della conciliazione necessaria in Italia fra operai e contadini per risolvere il problema meridionale come problema nazionale. Delle lunghe conversazioni che io ebbi con lui in questi corridoi e in queste sale, potrei ricordare particolari. …Consapevole come egli era che il problema che poneva il Partito sardo d’azione per la Sardegna, per le isole, per il Mezzogiorno, era identico, della stessa natura politica di quel problema che egli poneva a Torino, in mezzo agli operai di quelle fabbriche. Onorevoli colleghi, a qualunque partito noi apparteniamo, comunisti, filocomunisti, differenziati in grandi o in piccole forme dal Partito comunista, democratici delle varie tinte, tutti quanti abbiamo fede nella ricostruzione del nostro Paese, dobbiamo guardare ad Antonio Gramsci come ad una delle più luminose luci che, nelle tenebrose notti del popolo italiano, si è accesa come faro, guida e speranza. Egli è certamente una delle più grandi figure unitarie del genio del popolo italiano”
Mi unisco da semplice cittadina italiana e sarda agli applausi di allora, di oggi, di sempre.
Bibliografia
Profilo biografco: Fondazione Gramsci onlus
Wikipedia.org. Ales/ Ghilarza
A.Gramsci Lettere dal carcere Torino Einaudi 1965
Immagini: casa museo Gramsci- www.patriaindipendente.it – unimib.it – sardegna cultura.it – sardegna digital library; Cattedrale di Ales San Pietro e San Paolo: Wikipedia by Giova81 https://it.wikipedia.org/wiki/Cattedrale_dei_Santi_Pietro_e_Paolo_(Ales)#/media/File:Ales6.jpg
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