Mi piace l’arte ma non quella orientale. Mi piace viaggiare ma, nelle scelte, non ho mai dato la preferenza a un paese asiatico. Sono affascinata dalla filosofia che regola la vita di questi popoli, ma mi sento estranea alla loro cultura, quasi venisse da un altro pianeta.
Invece, un giorno, da quest’arte e questa cultura mi sono lasciata conquistare.
La mia amica Sandra mi chiese di accompagnarla nel viaggio che aveva scelto. Dove? In Thailandia. Accettai.
Fu un viaggio strano e affascinante, alla scoperta di paesaggi insoliti, di un modo diverso di pensare la vita. Un modo delicato.
Ricordo ancora quel giorno, ormai lontano, uno fra tanti belli e intensi, che segnò in modo indelebile la mia memoria.
Quel giorno stavamo andando verso il tempio Wat Pho, dove si trova la monumentale statua coperta da lamine d’oro del Buddha disteso, lunga 46 metri e alta 15.
Davanti a me camminava una ragazza con il suo cagnolino. Il cane aveva il pelo lungo, bianco candido. Un fiocco di neve sotto i 45 gradi di Bangkok.
Camminava libero senza guinzaglio, a fianco della sua “padrona”.
Era così inconsueta e deliziosa quella figurina bianca che mi chinai ad accarezzarla sorridendo.
Per un attimo il mondo orientale diventò occidentale.
Sandra mi chiamò, stavamo perdendo il gruppo.
Attraversavo la strada quando d’improvviso sentii un forte rumore di freni. Mi voltai nel momento preciso in cui l’auto investiva il cane.
Rimasi senza respiro, inchiodata al marciapiede, guardando quella piccola creatura candida che sussultava e stramazzava al suolo.
La memoria che ancora mi alitava dentro, di quelle carezze che ci avevano legato, di quegli sguardi che avevamo condiviso, di quel contatto veloce ma empatico fra due esseri che potevano amarsi, si accasciò in un attimo. Passai all’angoscia senza conforto che provo quando una creatura innocente diventa vittima. Il passaggio senza qualità dalla vita splendente alla morte, tradimento di quello splendore, mi offuscò e dovetti fare un grande sforzo per isolare la tremenda visione in un angolo buio della mente.
Nessuno gridò per la strada, nessuna particolare agitazione colse i passanti e neppure la ragazza. Ci fu silenzio, quasi raccoglimento.
Chiusi per un attimo gli occhi frenando le lacrime. Quando li riaprii, qualcuno aveva tolto il cane dalla strada e lo aveva adagiato sopra un muretto. Una mano gentile aveva posato accanto al corpicino inerte alcuni grandi fiori colorati. Il cane sembrava sull’altare come la statua di Buddha.
Questa immagine e il pensiero che ne è connesso, mi commossero al punto che ancora oggi la ricordo, nitida nei colori e nelle emozioni. Mi insegna.
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