Animula vagula blandula,Hospes comesque corporisQuae nunc abibis in locaPallidula, rigida, nudula,Nec, ut soles, dabis iocos…
Sono i celebri versi che l’imperatore Adriano compose poco prima della sua morte e che vennero incisi, costituendo l’epigrafe che si trova ancora nella sua tomba, il Mausoleo Adriano, alias Castel Sant’Angelo, a Roma…eccone la traduzione.
Piccola anima, graziosa e vagante,
ospite e compagna del corpo,
che ora te ne andrai in luoghi
pallidi, freddi, ignudi,
e non potrai, come suoli, svagarti…
…mi sembra proprio di fluttuare, come fossi immerso in un liquido impalpabile. Avverto l’istinto di muovere le mani, per direzionarmi verso l’alto, ma non ci sono più. Identica constatazione per gli arti inferiori.
Mi attrae un minuscolo ragno nell’angolo del soffitto. Scopro che il desiderio di osservarlo da vicino guida il mio muovermi verso di lui. E’ grazioso, ha dei puntini rossi sul dorso. Zampetta su una tela poco più grande di lui. Un’ilarità improvvisa si impadronisce di me, quando mi rendo conto che forse sono più leggero di lui. Vorrei giocare con l’aracnide – che nome buffo – ma lui ha cose più importanti da fare. Acchiappare una mosca, ad esempio…e se fossi io, la preda? Ancora più comico.
Di sotto a me sta accadendo qualcosa. Si apre una porta, ed entra una creatura – una donna? – vestita di verde. Ah sì, rammento. Un dottore, o un’infermiera. Si avvicina al lettino coperto dal lenzuolo bianco. Lo alza con delicatezza.
Uh, che paura! Non lo sa che sotto c’è un …qual’è la parola giusta? Una salma? Un cadavere? Un morto? Però, so che è mio…il mio – oh sì – il mio corpo, che capperi! Ora lo vedo. Mamma, quanto è brutto! Secco come un’acciuga – cosa sia un’acciuga non lo so più. Brutto. Vecchio. Orrido.
Potrei sollevarlo e farle (ora sono sicuro che è una donna, ha i capelli a mezza spalla): Buhhhh.
Peccato che non ne sono capace… Però, mi sarebbe dispiaciuto perché la ragazza è carina, e gentile. Ha toccato quella cosa lì con rispetto, anche se non c’è nessuno a osservarla…o meglio, ci sono io, quassù, o laggiù, perché, non so come, mi sono trovato al suo livello.
Ha gli occhi verdi. Più intensi del colore del suo camice. Dài, piccola, togliti la mascherina, che mi piacerebbe vedere come è la tua bocca. Detto fatto. Se l’è tolta. Labbra perfette. Poi ha fatto una cosa strana. Mi ha guardato. Come se avessi ancora un volto. Ha guardato me ,intendo, non facciamo confusione. Non il defunto.
Le faccio: buuhhh. Proprio sul naso. O non mi ha sentito, oppure è una tipa tosta.
Solleva il dito al naso. Poi sillaba, senza emettere suono: – Vai, sei libero. Che fai ancora qui?
Giuro che, se non fossi già morto, mi verrebbe un coccolone. La sua bella bocca sorride. Sono confuso, poi capisco. Lei possiede la vista, da non confondersi con gli occhi..
Sa che sono qui. E magari che le ho fatto “buhhh”. E ora che succede? Ci sono multe, punizioni, insomma, ho violato qualche regola? La porta si apre. Mi rifugio dal mio ragnetto.
Un’altra figura in verde. Un uomo, con gli occhiali.
Eleonora, se hai finito, puoi venirmi a dare una mano di là?Hai già parlato con i parenti…con i suoi familiari? – gli risponde lei, con un’altra domanda.Oh, sì. Solo una donna anziana. Nemmeno la moglie, a quanto ho capito. Avevamo il suo recapito telefonico. Non c’è nessun altro, a quanto pare. Ma ha detto che provvederà lei a tutto. Doveva essere una persona scrupolosa, il qui presente. Aveva già pagato le spese per il suo funerale…
Allora, ti aspetto. Un paio di ore e poi finisce il turno.Sì, un attimo e vengo.
Attende che si chiuda la porta. Poi mi cerca con lo sguardo. A cosa somiglio? glielo vorrei proprio domandare!A un riflesso di luce, come un bagliore lontano. Se lo vuoi sapere, è….chiarità. Devi essere stato una brava persona. Colpito e affondato. Stavolta non solo mi ha capito, ma mi ha parlato. A voce bassissima ma comprensibile.Senti, non mi capita spesso, ma talvolta sì. Soprattutto con la gente che mi muore, per così dire, tra le braccia. Mi hai chiesto di stringerti forte la mano, verso la fine, e io l’ho fatto. Si crea un…una vibrazione, che ci lega per un po’. Però adesso io devo andare a casa, ho chiesto un’ora o due di permesso, anche se il mio collega non lo sa ancora, perché la mia gatta è sola in casa, e sta per partorire. E’ la prima volta, per lei, ed io vorrei esserci. Tu devi solo aspettare un po’, la via è aperta e sicura. Qui non lasci nessuno che ti pianga, o tenti di trattenerti. Lo hai sentito. Ma c’è un ragno, vicino a te? Mi metto in allarme. Sia mai che divenga responsabile della morte di questo buffo esserino…No, è tutto pulitissimo, né ragni né ragnatele!
La prima menzogna nel mio nuovo stato: si comincia bene! C’era una volta una gatta/che aveva una macchia nera sul muso…
Com’è che questo motivetto mi ritorna proprio ora?Posso chiederti se la tua gatta ha una macchia nera sul muso e se abiti in una mansarda o qualcosa del genere?
Lei ride.Sei un’animetta impertinente, lo sai? La risposta è sì e sì. E ora via, senza problemi, libero nel vento, o dove ti va di andare! Prima che…Prima che? – sono di nuovo vicino a lei. Tutt’orecchi, se li avessi.Prima di riprendere il turno, come faccio io ogni mattina o ogni pomeriggio. Dipende. Insomma, di reincarnarti, di tornare a lavorare quaggiù!
Di nuovo. Ricolpito e riaffondato. In una parola, fregato!Io sto benissimo qui, e tra un po’, quando troverò la via, starò ancora meglio.
Di nuovo ride, con le labbra socchiuse. Si asciuga persino una lacrima ilare all’angolo dell’occhio.Animuccia ignorantella. E’ quella, la via! Anzi, un’ autostrada. E non puoi scegliere il casello di uscita.
Mi fa un ultimo cenno, poi si volge e mi lascia, chiudendo piano la porta. Solo col mio ragnetto. Ma mi si accende improvvisa un’ intuizione, o meglio, una premonizione. Pensi di esserti liberata di me? Proprio proprio? La tua gatta partorisce tra poco. Bene, io sarò lì. Puntuale.
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