Articolo pubblicato su IUA n° 3, Anno III, Marzo 2016
Sperlonga vale una poesia…
Anzi, molte di più di una. Ogni passo tra le case bianche lungo i vicoletti apparentemente deserti, è un verso di una poesia che non ha mai termine.
È l’ora del pranzo per gli abitanti dell’antico borgo di pescatori. Le barche sono in darsena; la domenica difficilmente escono in mare.
A noi è stato sufficiente un panino gustosissimo ad un bar. Lo stiamo già smaltendo passeggiando nella quiete.
Ogni tanto il silenzio viene rotto dal suono di una forchetta che si appoggia al piatto, dalla melodia di due calici di vino che si uniscono in un brindisi.
Da una delle case ascoltiamo l’uggiolio di un cucciolo che vuol essere coccolato dal padrone.
Alziamo lo sguardo sulle piccole finestre sul vicolo che stiamo percorrendo. Un gatto ci osserva scendere verso il mare. Ci accompagna, curioso, con lo sguardo fino all’angolo della casa. Svoltiamo e ci troviamo immersi in un altro bianco vicolo, silenzioso, magico. L’unica differenza: il profumo del mare più intenso.
Siamo di fronte alla Torre Truglia. Adagiata sulla punta del promontorio roccioso su cui sorge Sperlonga, questa torre di avvistamento ha origini romane. Fu riedificata attorno al 1530, distrutta e più volte ricostruita. Per un centinaio di anni è stata la sede della Guardia di Finanza. In seguito è stata sede del “Centro educazione dell’ambiente marino” del Parco naturale della Regione Lazio “Riviera di Ulisse”.
Sperlonga si trova sullo sperone di roccia che rappresenta l’ultima propaggine del sistema montuoso dei Monti Aurunci che si “getta” nel Mar Tirreno. I suoi dintorni sono quasi interamente pianeggianti. Bellissima è la spiaggia di sabbia bianca e dorata, interrotta da alcune formazioni rocciose a picco sul mare che formano piccole cale di difficile accesso (spesso l’unica via è il mare).
Secondo una leggenda locale nelle vicinanze del borgo di pescatori, gli spartani avevano fondato la città di Amyclae. In età romana, Sperlonga, fu un centro rinomato per le tante ville che i nobili capitolini fecero costruire. La villa più famosa è quella che fu costruita e appartenuta all’imperatore Tiberio. Famosa è la grotta naturale che faceva parte della villa. Gli architetti dell’epoca la modificarono decorandola con sculture che rappresentavano la storia di Ulisse.
L’antico nome, apparve per la prima volta in un documento del X secolo: Castrum Speloncae. Era quindi un castello che nel giro di un secolo si sviluppò a paese. La cinta muraria fu costruita, infatti, nell’XI secolo. A testimoniare la presenza delle scomparse mura ci sono le due porte: la Porta Carrese (detta Portella) e la Porta Marina.
Soggetta dal XVI secolo in poi alle incursioni dei pirati ottomani – fu distrutta nel 1534 e nel 1622 – Sperlonga non conobbe mai uno sviluppo economico come avvenne in altri centri del Lazio (è bene precisare che fino al 1927 era territorio della regione Campania). Solo in tempi più recenti, dopo l’apertura della via Flacca nel 1958 – la bella litoranea che collega Terracina a Gaeta – l’isolamento del borgo ebbe termine uscendo all’estrema povertà che sempre l’aveva caratterizzata. Lo sviluppo ebbe inizio con la scoperta, nel 1957, delle sculture della villa di Tiberio e dall’arrivo di alcuni turisti, italiani e stranieri, che si innamorarono del luogo.
Oltre alla sopracitata Villa di Tiberio con la grotta e i gruppi scultorei (dove spicca il Polifemo), di notevole interesse culturale, religioso e architettonico è la chiesa di Santa Maria di Sperlonga edificata, pare, nel 1135.
Interessante è il Palazzo Sabella, famoso perché ospitò l’antipapa Clemente VII nel 1379 in fuga da Anagni.
Sperlonga è stata una piacevole scoperta sulla strada che porta a Gaeta, altro luogo di antiche origini e di suggestiva bellezza. Tuttavia, il fascino delle sue case bianche, dei suoi vicoli strettissimi, dei suoi abitanti che si stringono la mano direttamente dalle finestre delle loro abitazioni, fanno di questo antico borgo un centro dove la poesia prende vita. Così ha avuto effetto su di noi in quel mite ottobre di qualche anno fa. L’ho paragonata a una sposa in bianco in attesa del ritorno delle barche dei pescatori…
Case bianche
Non porta ansia
Il respiro del vento
Per le strette strade
Vestite in bianco.
La sposa sorride
Quando le parche tendono
La mano al molo.
È impazienza
Quando non ode i passi
Lungo il sentiero
E sente i gatti
Rispondere al richiamo
Dell’ultimo pescatore
Che invita loro a cena.
Poi la luna
Veglierà sulla notte
Fino all’avvio
Dei motori all’alba.
Si riparte
In scia al gozzo avanti.
La rete è pronta.
La getterà vicino all’orizzonte
Ché perder di vista
Le case bianche
Porta malinconia.
Dalla silloge “Dei Borghi Antichi” © Copyright 2009 Alberto Pestelli – www.ilmiolibro.it
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