Di Alessio Genovese
A differenza di quanto accaduto nelle precedenti stagioni invernali, quest’anno pare che l’Anticiclone delle Azzorre sia molto in forma e che possa, con maggiore facilità, ergersi in direzione del Polo Nord. I lettori più attenti si ricorderanno che, per le leggi della fisica, quando una massa d’aria calda, quale quella di un Anticiclone, si sviluppa lungo i meridiani, sul suo bordo laterale scende in direzione opposta una massa di aria fredda. Ciò ovviamente vale per lo più nella stagione invernale, quando si è formato il cosiddetto vortice polare, che altro non è che quella perturbazione di aria fredda che staziona solitamente in prossimità delle regioni del Polo e la cui estensione e dislocazione può variare da anno ad anno. Per la verità per il prossimo inverno i più importanti modelli deterministici che tracciano delle linee di tendenza per i mesi successivi prevedono ancora una volta un inverno molto mite, non solo in Italia ma in buona parte del continente. Tale previsione, come già accennato nei mesi precedenti anche dallo scrivente, trova una sua giustificazione anche nei principali indici predittivi (vedi QBO, Attività solare, PDO etc) che, combinati fra di loro, sembrano lasciare poche speranze ai cosiddetti nevofili (amanti della neve) o ai soli freddofili. In realtà la previsione, per fortuna, non sembra essere così scontata, e talvolta anche i modelli fisico-matematici possono sbagliare a causa di variabili non previste quali, ad esempio, il rapporto di concatenazione di eventi fra stratosfera (parte dell’atmosfera terrestre a quote più alte) e troposfera (parte più bassa dell’atmosfera fino ai 10.000 metri di altezza). In entrambe le parti si forma un vortice polare invernale; in questo fine novembre, in stratosfera si è formato un vortice molto forte e freddo che, se riuscisse a condizionare anche quello della troposfera, come avvenuto in molti inverni, allora per almeno 45-60 gg. difficilmente sarebbero possibili grandi irruzioni di aria fredda da nord a sud (il cosiddetto sfondamento della soglia NAM cui si è già accennato in passato). Ad oggi, in realtà, non sembrerebbe esserci un grande condizionamento dei piani più bassi della troposfera che appare piuttosto disturbata (si veda l’irruzione fredda del 21-24 novembre e quella prevista anche per fine mese). E’ innegabile la paura che si possa ripetere quanto avvenuto tre inverni fa, quando l’unica irruzione fredda si ebbe proprio sul finire di novembre, dopo di ché si superò la soglia NAM, con un vortice polare troppo forte per consentire alle masse di aria fredda di lasciare il loro territorio di origine, e quindi si arrivò fino alla metà di gennaio con un nulla di fatto, che si è protratto anche successivamente, quando il condizionamento sarebbe anche terminato e potevano aprirsi degli scenari che però non si sono verificati.
Nel momento in cui viene scritto il presente articolo (terza decade di novembre), molto probabilmente la soglia NAM è già stata superata, ma non sembrano intravedersi grandi segnali di condizionamento; tutto ciò, probabilmente, per uno scarso livello di comunicazione fra strato e troposfera, ma anche forse per la formazione di un importante anticiclone russo-siberiano che altro non è che un anticiclone di natura termica, cioè determinato dalle temperature fredde presenti al suolo in Russia ed in Siberia. Tali temperature a loro volta sono provocate da un importante snowcover, ovvero l’innevamento presente al suolo. Tutto ciò viene preso in considerazione da uno degli indici più recenti ed ancora in fase sperimentale, il cosiddetto SAI (snowcover advanced index) che prende in considerazione l’incremento della neve al suolo al di sotto del 60° parallelo durante il mese di ottobre. Secondo lo studioso che ha elaborato tale teoria, se l’incremento è costante durante tutto il mese e la copertura nevosa è importante (come avvenuto quest’anno), allora è più probabile durante l’inverno un vortice polare disturbato. In realtà, sono in molti a ritenere che dall’analisi meteorologica del mese di ottobre si possano trarre delle indicazioni per l’inverno successivo, ed il quadro emerso è piuttosto in contro tendenza rispetto alle previsioni dei modelli deterministici.
In conclusione, facendo un po’ una sintesi (non facile!!) fra i vari elementi di cui siamo in possesso, compreso un Nino (surriscaldamento delle acque superficiali dell’Oceano Pacifico nella fascia sub tropicale) fra i più forti degli ultimi decenni, che potrebbe favorire l’elevazione dell’Anticiclone delle Azzorre verso nord, si può dedurre quanto segue:
Dicembre: il mese dovrebbe iniziare ancora con qualche disturbo al vortice polare e quindi con la possibilità di piccole e brevi incursioni di aria fredda artica ed in parte continentale che si potrebbero intervallare con episodi di alta pressione. Rispetto al mese di novembre, ad ogni modo, anche in presenza dell’alta pressione, avremmo delle temperature più fredde, con una circolazione secondaria proveniente da est, dove continuerebbe ad essere presente l’Anticiclone Russo-Siberiano. Complessivamente il mese dovrebbe però concludersi con una prevalenza di giornate soleggiate.
Gennaio-Febbraio: Secondo alcuni esperti, gli episodi invernali più interessanti si dovrebbero avere nella seconda parte della stagione, soprattutto dall’Epifania in poi. Tale previsione però è legata alla possibilità del verificarsi o meno di un importante surriscaldamento in stratosfera, che potrebbe destabilizzare ulteriormente il vortice polare facendolo frantumare in più parti. In realtà, tali previsioni sono sempre molto teoriche e non è detto che trovino conferma nella realtà. È più facile prevedere la possibilità di due-tre incursioni fredde fra gennaio e febbraio, in un contesto generale con temperature comunque non inferiori alle medie del periodo. Del resto, lo abbiamo già detto più volte che, per tornare ad avere inverni freddi con la F maiuscola, bisogna attendere ancora un paio di anni.
Buon inverno a tutti!
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