Articolo pubblicato su IUA n° 11, Anno II, Dicembre 2015

Quando ci si relaziona fra persone, vuoi perché ci si incontra per strada, al lavoro, ad una festa o semplicemente durante una conversazione telefonica, dopo aver parlato di salute e chiesto come sta il nostro interlocutore, con molta probabilità la seconda argomentazione più diffusa nell’approccio è quella relativa al tempo; se è bello, brutto, se piove, se c’è il sole, se fa caldo o freddo etc. E’ quindi scontato come il fattore meteorologico condizioni il nostro umore, la nostra salute così come la nostra progettualità e sia quindi intrinseco nella vita quotidiana di tutti gli uomini. Sarà per questo motivo oppure per le sue numerose variabili, non ancora del tutto chiare, che sono in molti coloro che studiano tale scienza oppure si divertono soltanto ad azzardare delle previsioni a breve o lungo periodo. Del resto, in un certo senso, senza alcuna o forse con troppa pretesa, nel nostro piccolo lo facciamo anche noi de “L’Italia, l’Uomo, l’Ambiente”. Fatto sta che questa è una scienza altrettanto affascinante quanto ancora lontana da un’adeguata prevedibilità. In parte ne abbiamo già parlato nei vari articoli già pubblicati su queste pagine, l’intento di oggi è quello di provare ad elencare alcune delle variabili o meglio dei fattori (o indici) che possono influenzare il clima del nostro paese. Ci interroghiamo sicuramente se il clima possa essere prevedibile e ripetersi in maniera più o meno ciclica nel corso del tempo. In questo caso non possiamo però trascurare i fattori antropogenici che inevitabilmente, seguendo le fasi del progresso dell’uomo sulla terra, interferiscono sicuramente sull’eventuale ciclicità del nostro pianeta. Appare quindi difficile poter riscontrare in assoluto le stesse condizioni climatiche in ere differenti della vita del pianeta Terra. Ad ogni modo appare invece più probabile dimostrare una continua alternanza di fasi calde e fasi fredde dove l’una pone le basi per l’altra. Ma entriamo nel dettaglio degli indici e delle variabili sopra accennate:

Il sole: Uno dei dibattiti più accesi ed interessanti che sta sostenendo la comunità scientifica negli ultimi anni è quello della possibile influenza della nostra stella nelle dinamiche del clima terrestre. Si passa dalle posizioni di chi ritiene che il sole costituisca la regia principale del nostro clima a chi invece ne nega quasi del tutto l’influenza. Quello che è certo è che il sole non è statico ed immobile, ma vive di fasi (cicli) che hanno una durata media di 11 anni. In ognuno di questi cicli si parte da un minimo (che è successivo e condiviso a quello del ciclo precedente) per arrivare ad un massimo e fare ritorno ad un nuovo minimo. Il tutto, come detto, solitamente avviene nell’arco di 11 anni, ma è stato dimostrato come i cicli solari forti tendano ad essere anche un po’ più brevi o comunque a non superare gli 11 anni, mentre quelli deboli possono arrivare anche ai 12-14 anni. La forza del sole viene misurata attraverso la quantità e l’energia prodotta dalle macchie solari e da alcuni indici fra i quali il solar flux. Più un ciclo è forte e più le macchie sono numerose, grandi e piene di energia. Più è debole e più avviene il contrario. Alcuni scienziati sostengono che i cicli solari deboli determinino, per un discorso complesso che annoierebbe il lettore, una maggiore copertura nuvolosa sul pianeta che a sua volta contribuirebbe a raffreddare il clima. C’è anche chi sostiene che, in coincidenza dei minimi solari più profondi, un po’ come la luna influenza le maree, lo stesso sole determinerebbe delle maggiori ed imponenti eruzioni vulcaniche che a loro volta, e questo è un dato certo, determinano un raffreddamento del clima quando una grande quantità di cenere raggiunge la stratosfera andando ad ostacolare i raggi solari che raggiungono la terra. Questo è quanto sarebbe un po’ avvenuto durante il periodo noto come Minimo di Maunder. Abbiamo già scritto, nei mesi passati, come attualmente ci troviamo nella fase calante del ciclo solare 24. Un ciclo che è stato notevolmente inferiore al 23 che a sua volta era stato leggermente inferiore a quelli precedenti. Il trend è quindi al ribasso e qualcuno sostiene che siamo in procinto di entrare in un nuovo grande minimo solare, caratterizzato da cicli molto ma molto deboli. Il minimo del ciclo solare in corso, che, unito ad altri fattori, potrebbe già mostrare delle influenze sul nostro clima, è previsto fra circa 3-5 anni. Intanto è dal 2008 circa che il riscaldamento terrestre ha rallentato notevolmente nel pianeta e guarda caso l’attuale ciclo debole ha avuto inizio proprio in tale anno.

The_Sun_by_the_Atmospheric_Imaging_Assembly_of_NASA's_Solar_Dynamics_Observatory_-_20100819AMO (Atlantic multidecal oscillation – oscillazione multidecennale atlantica): è un periodico surriscaldamento e poi raffreddamento delle acque superficiali dell’Oceano Atlantico nel tratto compreso fra l’equatore e la Groenlandia, che presenta intervalli molto variabili dai 20-30 anni fino addirittura ai 60-70 anni. Tale fenomeno, ancora in fase di studio e con una prevedibilità ancora bassa, può influenzare il clima degli Stati Uniti e dell’Europa. Quando ci troviamo in una fase positiva (quindi con acque più calde) aumentano i fenomeni di siccità sia per numero che per durata, mentre di riflesso aumentano le precipitazioni in India a causa dell’influenza sui cicloni tropicali. Attualmente ci troviamo in una fase moderatamente positiva, ma con la previsione di passare ad una fase stabile negativa intorno al 2020/22. Le ipotesi scientifiche che ci riguardano maggiormente prevedono che con AMO+ gli inverni europei siano generalmente più miti mentre con AMO- siano più frequenti le incursioni fredde provenienti dal nord o dall’est Europa. Non a caso, pare che molti degli inverni più rigidi che si sono avuti nel corso del ‘900 (vedi quelli del ’29, del ’56 e del’85) possano essere avvenuti in fase di AMO-. In stretta correlazione con l’AMO vi è la NAO (North Atlantic Oscillation) che in fase fortemente negativa favorisce l’insorgenza di forti anticicloni in Atlantico, che per tutta risposta possono comportare discese di aria gelida dal Nord e dall’est Europa anche fin verso il Mediterraneo.

800px-LocationAtlanticOceanSe si parla di temperature superficiali marine dell’Oceano Atlantico, non possiamo evitare il collegamento con la Corrente del Golfo, che altro non è che una potente corrente oceanica che nasce nel Golfo del Messico e trasporta acqua calda tropicale verso l’Atlantico settentrionale. Quando arriva in prossimità del circolo polare artico l’acqua calda tende ad inabissarsi verso i fondali per completare il ciclo facendo ritorno verso sud. Mentre fino a circa due anni fa su internet si potevano trovare con maggiore facilità dei grafici circa l’andamento attuale della Corrente, ora invece la cosa non avviene più, ma secondo il parere della maggior parte degli esperti ci troveremmo in una fase di forte debolezza ed è quindi probabile che il nastro trasportatore si possa essere inceppato in prossimità di più punti. La tal cosa è intuibile se, sempre su internet, andiamo a visionare uno dei grafici che rilevano le temperature marine superficiali (basta digitare su Google “ssta”). È possibile notare in prossimità dell’Atlantico settentrionale una grande macchia di colore blu che indica un notevole raffreddamento del mare rispetto alle medie del periodo. La Corrente del Golfo consente generalmente di mitigare le fredde corrente atlantiche che, dopo aver attraversato l’Oceano, giungono dapprima in Inghilterra e poi nel resto d’Europa. Se tale mitigazione non avviene più è intuibile che nei prossimi anni si possano sperimentare con maggior frequenza condizioni di freddo, quanto meno nel nord Europa. Fra le cause che possono comportare il raffreddamento della Corrente del Golfo vi è anche lo scioglimento dei ghiacci artici e ciò andrebbe in qualche modo a giustificare quella ciclicità del clima di cui ipotizzavamo ad inizio articolo. Il surriscaldamento climatico comporta lo scioglimento dei ghiacciai il quale a sua volta raffredda le acque dell’Oceano e ricrea le condizioni per un nuovo raffreddamento. Se fosse così e se l’influenza dell’uomo non la facesse da padrone, allora potremmo stare tranquilli circa la reversibilità delle condizioni di caldo attuale.

El Nino – La Nina: Ne abbiamo già ampiamente parlato in un precedente articolo, che invitiamo il lettore interessato ad andare a rileggere su questa stessa rivista online. Qui ci limitiamo a dire come questo fenomeno, che riguarda le acque superficiali dell’Oceano Pacifico, per molti aspetti ha alla sua base un ragionamento simile a quello fatto per l’AMO e la Corrente del Golfo. Forse la sua influenza è ancora maggiore a livello climatico globale. Al momento stiamo attraversando una delle fasi di “El Nino” più calde di sempre e ci interroghiamo sulle possibile conseguenze di ciò in vista del prossimo inverno. Con grande sorpresa gli studi, in fase ancora di definizione, sembrerebbero sostenere come spesso in presenza di tale fenomeno l’Inverno europeo paradossalmente possa anche essere più freddo, per delle motivazione di cui parleremo in un articolo sulla prossima stagione invernale. Il Nino dovrebbe poi incominciare a calare dalla fine del prossimo inverno, per portarsi gradualmente, entro i prossimi 2-3 anni, verso una fase opposta (“La Nina“) che comporta un raffreddamento delle medesime acque. È probabile intanto che gli effetti del “Nino” si possano ancora far sentire con un’altra estate calda nel 2016, ma è veramente presto per parlarne.

Collegato al “Nino” ed alla “Nina” vi è poi la PDO (Oscillazione pacifica decadale) che è uno schema d’interpretazione della variabilità climatica oceanica in relazione appunto alle temperature delle acque superficiali dell’Oceano Pacifico settentrionale. Anche in questo caso si alternano fasi calde a fasi fredde (di norma ogni 20-30 anni). Di solito una PDO positiva corrisponde ad una fase di “El Nino” così come una PDO negativa ad una fase di “La Nina“.

In conclusione, dopo aver annoiato il lettore (speriamo di no!!) con tutta questa disamina, il parere di chi scrive è che l’innegabile surriscaldamento globale possa a breve (entro 2-4 anni) essere contrastato, se non addirittura contro invertito da tutta una serie di fattori: 1) cicli solari sempre più deboli e comunque entro 2-3 anni inverni con minimo solare anche profondo; 2) dal 2020/22 l’AMO è prevista entrare stabilmente in negativo con conseguente forte raffreddamento di tutto l’Oceano Atlantico settentrionale (acque superficiali); 3) fra pochi anni torneremo nuovamente in una fase di “Nina” con raffreddamento anche delle acque superficiali della fascia sub tropicale del Pacifico; 4) Corrente del Golfo sempre più debole. Se non basterà tutto questo a contrastare l’influenza antropogenica dell’uomo allora arrendiamoci ad un futuro poco roseo per le prossime generazioni.

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I Fattori che influenzano il clima: il riscaldamento globale è davvero irreversibile? di Alessio Genovese © 2015 è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.
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