Articolo pubblicato su IUA n ° 11, Anno V, Dicembre 2018

La terribile bufera di vento e pioggia che si è abbattuta sull’Italia nei giorni scorsi ha devastato e distrutto alcune tra le più belle foreste di conifere delle Alpi.

Ad esempio, la stupenda Val Visdende, e la più nota Alpe di Paneveggio, dove la foresta dei Violini, così chiamata perché il prezioso legno degli abeti rossi veniva impiegato in liuteria fin dai tempi di Stradivari (che qui veniva a scegliere il materiale per i suoi strumenti), è praticamente stata annientata. L’elenco è lungo, e ferisce profondamente l’animo di chi ama queste montagne.

È difficile anche azzardare una stima del numero di piante abbattute dal cataclisma: i forestali contano, com’è loro costume, i danni in metri cubi di legname; ma ogni abete, ogni larice è un essere vivente, ucciso da una tempesta quale non si ricorda sia mai accaduta… probabilmente, sono milioni.

Che cosa è accaduto a tutti gli altri organismi che vivevano in questi boschi? La dottoressa Paola Favero, dirigente dei Carabinieri Forestali di Vittorio Veneto, in un’intervista afferma che probabilmente sono stati anch’essi uccisi. Caprioli, cervi, martore, lepri, uccelli di ogni specie, e tutti gli altri animali, a centinaia di migliaia, sono morti.

Il disastro è totale, irrimediabile se si ragiona in termini di temporalità umana.

Ci vorranno decine e decine di anni per riportare queste zone all’aspetto che avevano solo dieci giorni fa.

Gli esperti già discutono se sia opportuno ripristinare il bosco escludendo in parte gli abeti rossi, in favore dei larici e dei faggi. Comunque sia, bisognerà ragionare pensando che le temperature medie alpine aumenteranno ancora, nei prossimi anni, e quindi effettuare delle scelte molto ponderate in relazione ai cambiamenti climatici e alla loro mitigazione.

 

Purtroppo, non si torna indietro: chi s’illude che cambieremo le nostre abitudini energetiche e che, di colpo, il problema si risolverà da solo, dovrà rassegnarsi davanti alla inequivocabile realtà dei fatti.

Di fronte a questo disastro, come ambientalisti ci sentiamo solo di suggerire alcuni interventi immediati che, pensiamo, non incontreranno l’opposizione di nessuno (se non dei soliti idioti).

Agire con tempestività sui versanti dove la vegetazione è scomparsa, per evitare frane disastrose; cercare di contenere il rischio-alluvioni mettendo in sicurezza i tanti torrenti e fiumi a carattere torrentizio che insistono in queste zone; vietare l’attività venatoria e ogni altro intervento umano di sfruttamento della montagna.

Regole che sembrerebbero logiche, ma che tuttavia sappiamo già che si scontreranno con i corporativismi e i piccoli egoismi locali.

Infine: non lesinare le risorse economiche. Di fronte ai cataclismi, è giusto “fregarsene” del deficit e degli eventuali proteste europee.

Fonte della fotografia: www.mountlive.com

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CC BY-NC-ND 4.0 DOPO L’APOCALISSE by L'Italia, l'Uomo, l'Ambiente is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.