Articolo pubblicato su IUA n° 7, Anno V, Luglio-Agosto 2018
Se non amate camminare per una città in continua salita (o discesa, dipende dai punti di vista), astenetevi dal visitare Cortona. Fondata dagli etruschi sul colle dell’Alta S. Egidio, questo il suo nome attuale, il centro urbano presenta infatti forti dislivelli, che mettono alla prova i garretti di chi non è abituato a questo salutare esercizio. Vi diciamo subito che, comunque, vale la pena di scarpinare nelle strade medioevali di questa cittadina che domina la Val di Chiana, in provincia di Arezzo. Un tempo, qui sotto passava la più importante delle vie consolari dirette verso il nord, la Cassia, e il luogo era perciò di eccezionale importanza commerciale e strategica. Molto prima dell’epoca romana però, come vi abbiamo anticipato, gli Etruschi avevano costruito un caposaldo cinto da mura, uno dei più potenti dell’attuale Toscana, perché era sede di lucumonia, ovvero di città-stato governata, nei tempi più antichi, da un re-sacerdote, il Lucumone.
Ancora oggi, è visibile ciò che rimane di quelle che erano le necropoli della potente città: alcune tombe monumentali nella pianura ai piedi del colle e i resti di un raro tempio etrusco.
Oltre alle mura e a questi reperti, ci parla di quell’epoca lontana il bellissimo Museo archeologico dell’Accademia, formata a partire dal 1700, che contiene importantissime antichità etrusche, ma anche opere d’arte dal XIII al XIX secolo. Data la sua eccezionalità, parleremo dell’Accademia in un prossimo articolo; per il momento, andiamo a passeggio per le vie, godendo la suggestiva atmosfera di questo centro urbano.
Lasciamo l’auto in uno degli ampi parcheggi fuori dalla cinta muraria e cominciamo a salire (eh, già) sfruttando alcune scale mobili che sono state all’uopo installate.
Il nostro itinerario ci porta a visitare per prima la chiesa di S. Domenico, eretta nel 1438 in stile tardo-gotico, un tempo annessa al convento domenicano ora. Nell’interno, semplice ma gradevole, spiccano un’opera di Luca Signorelli, un bellissimo crocefisso ligneo del ‘500 e un grande polittico, datato 1402, di Lorenzo di Niccolò Gerini, in origine nella Chiesa di San Marco a Firenze.
Siamo un po’ fuori dal centro cittadino e la vista può spaziare sul magnifico panorama che include la Val di Chiana, ma anche i monti che la delimitano verso occidente. Dietro a questi, spicca l’inconfondibile profilo del Monte Amiata, l’antico vulcano che domina la vicina Val d’Orcia.
Le vie del centro, nonostante sia un giorno feriale, sono frequentatissime da turisti e altri visitatori.
Dirigendoci verso le due Piazze principali, della Repubblica e Signorelli, l’occhio viene attratto dai vicoli che ascendono sulla nostra destra, mostrando qualcuno di quegli scorci per cui Cortona va giustamente famosa.
Pochi passi e ci troviamo in piazza della Repubblica, dominata dalla mole del Palazzo del Comune, attestato già nel 1226, ma poi rimaneggiato e ingrandito nel corso dei secoli. La facciata è sormontata da una torretta merlata, e impreziosita dall’alta scala sottostante.
Lì vicino, il Palazzo Casali, appartenuto alla nobile famiglia da cui prende nome, la quale signoreggiò Cortona per un lungo periodo. Nel 1411 fu adattato a sede dei Commissari della Repubblica Fiorentina, di cui si possono notare gli stemmi delle casate sulla facciata. Oggi, l’edificio è sede del già ricordato Museo dell’Accademia. Distante poche decine di metri, vi è il Teatro Signorelli, edificato al posto dell’antica Loggia del Grano.
Deviamo verso sinistra, per raggiungere il Duomo; in una piazzetta troviamo una delle tante immagini di S. Margherita, protettrice di Cortona, una statua di fattura piuttosto recente che la raffigura con ai piedi un cane accucciato. La cosa sollecita subito la mia curiosità di animalista, per cui mi documento. La storia di questa santa è davvero avvincente, e fornirebbe sicuramente materiale per uno sceneggiato televisivo (può darsi che qualcuno ci abbia già pensato).
Nata in Umbria nel 1227, pochissimi anni dopo la scomparsa di Francesco di Assisi, da una famiglia di umile condizione, divenne, giovanissima, l’amante di un ricco mercante di Montepulciano, a cui dette un figlio. La coppia passava del tempo in un castello di proprietà al confine con l’Umbria, dove l’uomo, come molti suoi ricchi contemporanei, si dedicava alla caccia.
Durante una battuta, ecco la tragedia: Arsenio, che era implicato nelle faide tra Guelfi e Ghibellini, cadde in un agguato e fu ucciso. Non vedendolo tornare, Margherita seguì il cane da caccia, che la portò nel bosco dove giaceva il corpo dell’amato. Non godendo più della sua protezione, Margherita fu scacciata assieme al figlio dai familiari di Arsenio. Neppure poté rifugiarsi nella sua casa Natale, perché il padre, risposatosi, non l’accettò.
Così, costretta a cambiare vita, si avvicinò ai Francescani di Cortona e divenne Terziaria dell’Ordine, affidando il figlio ai minoriti di Arezzo.
Da allora si dedicò esclusivamente alle opere di carità e alla preghiera, dimostrando tale fervore e tali capacità da ottenere l’ammirazione di tutti. Anche a causa delle sue crisi e visioni mistiche, morì nel 1279 in odore di santità. Fu canonizzata però molti secoli dopo, divenendo la protettrice della città che l’aveva accolta. Il cane diventò un po’ il simbolo della sua conversione, ed è per questo che è spesso raffigurato ai suoi piedi.
Prima di giungere al Duomo, comunque, scendiamo nel suggestivo borgo medioevale, tra vicoli che conservano ancora il fascino dei secoli andati; in un piccolo giardino, a vigilare le mura domestiche, abbiamo la sorpresa di trovare, invece del cane o del classico gatto, un giovane porcellino, che si avvicina confidente. Segno del mutare dei tempi…
La piazza della Cattedrale si affaccia sulle antiche mura e da essa si gode un notevole panorama; l’edificio rinascimentale, progettato dagli allievi di quel geniale architetto che fu Giuliano da Sangallo, venne edificato alla fine del ‘400 al posto di un’antica Pieve, e in parte la ingloba. Purtroppo l’interno è stato assai rimaneggiato nel corso del ‘700, e il tutto, a nostro avviso, non è entusiasmante. Molto più leggiadra, la struttura del Museo Diocesano, proprio di fronte, che si avvale degli spazi di un’altra chiesa, contemporanea della Cattedrale. Questo Museo racchiude opere stupende di sommi artisti, nonché una ricchissima collezione di oreficeria e arte sacra, ma non abbiamo il tempo di entrare e di descrivervele. Sarà per la prossima volta…
Ritorniamo ora verso le due piazze centrali, poi, attraversata la piazzetta della Croce del Travaglio, saliamo verso la Chiesa di San Francesco. Edificio gotico, alla cui fondazione presiedette frate Elia, progettista della Basilica di Assisi, è stato molto modificato in epoche successive, sia all’esterno che all’interno. Una gradinata conduce al portale originale, che si apre nella semplice facciata; l’interno presenta alcune opere interessanti, tra cui grande tabernacolo marmoreo in stile barocco, dove è conservato il reliquiario della Croce Santa, contenente un frammento della vera Croce, donato dall’Imperatore d’Oriente allo stesso frate Elia.
Molto più visibile, e probabilmente più certa, è un’altra reliquia esposta: la tunica indossata da S. Francesco negli ultimi mesi di vita, qui portata da Frate Elia, che gli era accanto, e qui sempre custodita.
Una porta laterale immette nel bel chiostro dell’Ospedale della Misericordia (1441) che presenta un elegante loggiato rinascimentale.
Ci concediamo una sosta per il pranzo in una vecchia trattoria a conduzione familiare, con pochi tavoli, cucina “a vista” e molta cordialità.
Saliamo ancora, naturalmente, e, di tratto in tratto, si aprono ampi scorci di paesaggio, che comprendono la parte occidentale del Lago Trasimeno. Non si può fare a meno di ricordare che proprio di qui passò Annibale con il suo esercito, e la città etrusca di Cortona gli chiuse le porte, pur essendo stato, lo stesso popolo etrusco, vinto e sottomesso dai Romani solo alcuni decenni prima.
Il condottiero cartaginese, però, aveva altri piani: tese un agguato, proprio sul lago, alle legioni di Roma che lo seguivano a poca distanza e le annientò.
Dai personaggi storici a quelli attuali: passiamo proprio nei pressi della casa di Lorenzo Cherubini, in arte Jovannotti, uno dei più apprezzati autori e cantanti del folk italiano.
Bei palazzi storici e case rinascimentali fiancheggiano la via, che s’inerpica, ripida a tratti, verso la parte alta della città. Alte mura di cinta nascondono il Convento della Clarisse, progettato da Giorgio Vasari; più avanti si trova la chiesa di S. Cristoforo, sovrastata da un piccolo campanile a vela; all’interno, affreschi del ‘300 e del ‘400.
Saliamo ancora, e ci fermiamo a osservare, dal cancello purtroppo chiuso, la quattrocentesca chiesetta di San Niccolò. L’interno conserva opere di Luca Signorelli e della sua scuola.
Cammina cammina, arrivarono a una casina… ma non è la nostra fiaba, questa, perché in cima troviamo una Chiesona, anzi, una Basilica, quella della Patrona S. Margherita.
Bisogna dire che qui, un tempo, vi era un umile oratorio, sorto proprio per volontà di Margherita, che qui, in una celletta, si spense.
Più tardi, l’oratorio venne ampliato in chiesetta; e rientriamo ancora nei canoni della “povertà” francescana. Qualcuno, in seguito, nel corso del 1800, ebbe la pessima idea di fare le cose in grande, ed eresse un grandioso tempio in stile imitativo di quello romanico-gotico, senza però comunicarne il senso di ascensione spirituale.
Nell’interno, a tre navate, sotto l’altar maggiore è custodito il corpo della Santa, senza neppure il conforto del suo cane. Non sembri offensiva l’espressione, ma riflette perfettamente il pensiero di chi scrive.
Davanti alla basilica, un ampio piazzale è normalmente meta dei cittadini nelle giornate festive: da qui il panorama è veramente grandioso.
Resterebbe un altro breve tratto, per visitare la Fortezza medicea del Girfalco, costruita nel corso del 1500 su un precedente fortilizio. Ma, a questo punto, alle nostre gambe rimane la forza sufficiente per ridiscendere, attraverso la via pedonale che della santa reca il nome, fino alla parte bassa di Cortona.
Vi sarebbero tante altre opere da ammirare, tra cui, fuori dalle mura, la bella chiesa tardo-rinascimentale di S. Maria Nuova, a pianta centrale, progettata dal Cristofanello e modificata e terminata da Giorgio Vasari: ma, per oggi, la nostra visita termina qui.
Galleria Fotografica, per gentile concessione © Gianni Marucelli 2018
TOSCANA: CORTONA L’ETRUSCA by L'Italia, l'Uomo, l'Ambiente is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.