Poesia pubblicata su IUA n° 4, Anno V, Aprile 2018
Il 21 marzo è la Giornata mondiale della Poesia. In occasione di questo evento culturale il nostro direttore, Gianni Marucelli ha inviato una sua lunga composizione inedita dal titolo “Parole dall’Elba”. Il nostro direttore ci tiene a precisare che questa poesia è stata iniziata più di quarant’anni fa ed anche gli ultimi versi risalgono a quell’epoca.
Parole dall’Elba
Perché al tramonto scagliano le acacie
ombre più lunghe e dagli scogli basso
risponde al vento il volo del gabbiano,
perché il silenzio è teso sopra il mare
come un filo di rame e la mia mano
ha venature pallide e sottili,
ancora torneranno le parole
lontane, su navigli di ricordi
solcheranno l’oblio…
Sono rimasta sola nell’altana
che nemmeno rammenti. O forse il vento
d’occidente e le rondini han portato
di quando in quando l’odore del lentisco
e dei fiori di cisto nella bolla
dove hai vissuto, larva senza attese.
Anni o decenni: quanti son passati
o passeranno per te che sei terragno.
Io libera mi specchio in quell’azzurro
che Montecristo incide a meridione,
qualche ruga di salso reco in volto
ma la spera, per ora, niente ha tolto.
Fuggii un tempo da te e dalle rive
delle mie estati, a macerarmi al tedio
di studi affatto insonni. Mi giungeva
di quando in quando – oblunga busta azzurra –
un tuo afflato, sapeva di limone
la tua grafia sottile ed ordinata,
ma altre donne di te molto più scaltre
mi chiedevano urgenza ed attenzione,
ad ardite metafore inducevo
la mia poesia neppure laureata.
Per te solo due righe poi più niente,
sbiadì il sorriso tuo nella mia mente.
T’ho amato? Non lo so. Conservo ancora
l’istantanea a colori ormai virati
verso il seppia. Di tanto in tanto passa
un traghetto, affannando sopra l’onde.
L’uva è matura, le agavi turchine
spuntano dai vapori della nebbia
presto al mattino. S’involano gli stormi
di canapiglie volpoche marzaiole –
flatus vocis per te stento poeta –
verso gli stagni della costa, ad est.
Galleggio anch’io sulla mia vita, piana
come suona al tramonto la campana.
Io di te neppur l’ombra di una foto
ho nel cassetto. Resta quel vermiglio
di labbra adolescenti nella vaga
concupiscenza d’un meriggio tardo.
Nel bozzolo di nebbia in cui s’avvolge
la mia lenta vecchiaia non penetra
altro segno. C’è neve sopra i gioghi
del Pratomagno; s’erge un cirro bianco –
un’isola nel cielo che rammenta
quella che già vedemmo dall’altana.
Non mi guardo allo specchio, ho già vissuto:
e ciò che appare è questo labbro muto.
M’immagino – o mio amore malvissuto –
che il tuo doppio persista in qualche proda
dell’isola che vedo sulla linea
separante l’azzurro da altro azzurro,
raro come fu ancora il bue marino
che rompeva le reti ai pescatori
e le cernie rubava e le donzelle.
O nuoti forse a Punta Fetovaia
giù tra gorgonie rosse e praterie
di posidonie…Credo che sia accanto
a te pure il mio doppio, e le due ombre
si troveranno, se la notte incombe.
La neve trascolora nel tramonto,
ma primavera luce già nel cisto
che timido s’affianca al rosmarino…
E qui il fanello il suo cantare ha sciolto…
Il profumo del vento è così dolce
e la risacca porta la tua voce…
Così forse sarà l’ultimo approdo
quando il tempo cadrà, come la brezza
che nei vicoli ciechi del paese
muove azzurre lanterne, ripetendo
sulla pietra le danze degli uccelli
con ali alacri remiganti al sud.
© Gianni Marucelli
(Firenze, 1972 – Cavriglia, 2016)
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