Articolo pubblicato su IUA n° 2, Anno V, Febbraio 2018
Non so se dipenda dal mio nome – Guido – di origine tedesca che dovrebbe significare uomo delle selve, o dagli anni dell’infanzia che mi hanno visto, insieme ai miei coetanei, girare in lungo e in largo i boschi e le colline intorno a casa: terre incolte e selvatiche ricche di profumi, frutti selvatici, animaletti guizzanti ora nell’erba ora sui rami degli alberi. Sta di fatto che, ad un certo punto, questo spazio ha cominciato a sparire ingoiato da selve di palazzi che crescevano un po’ dovunque cambiando per sempre la realtà del mio mondo.
Trovare, dopo anni, un luogo come Framura è stato per me un ritorno alle origini.
Qui, dove la solitudine non è la disperata angoscia di certe situazioni cittadine, ma un ritorno alla quiete, alla serenità di un ambiente ricco di vita, dove il silenzio è popolato di cinguettii, fruscii, voli, ora di uccelli ora di farfalle, ora di altri insetti instancabili, la solitudine diventa l’occasione per tornare a vivere a contatto con la natura. Il verde l’azzurro del cielo, il blu del mare ritornano ad essere i colori dominanti che si presentano ai nostri occhi che riscoprono il gioco cangiante delle nubi in perenne movimento mentre la sera si veste di colori, ogni volta diversi, allietata dalla frescura della brezza di terra.
Forse io continuo a percepire un mondo che è in me, o forse semplicemente riscopro qualcosa che avevo perso per strada, non so, anche il rapporto con le persone è diverso… si ha il tempo di chiacchierare, di raccontare, storie più o meno vere, è il raccontare che importa.
E qui, tra una chiacchierata e l’altra, ho ritrovato il clima di una Liguria che conosco da diversi decenni e che mi ha ispirato questi versi.
Terra d’aspri
Terra d’aspri
flagellati dal mare
e dal vento
pendii.
Di salsedine
corrosi pini
lecci ed agavi
e ulivi e genti
ombrose e solitarie
di taciturni costumi.
Terra verticale
che aduna
sulle strisce costiere
case ammucchiate
a risacca
in faticosa risalita
su erte irsute
spaccate dal sole.
Terra d’uomini
scolpiti da sale, sole
e spruzzi di tempeste
in approdi ristretti
rubati al mare.
Ti ho nelle vene
cara Liguria
e nell’animo dilaghi
tra imprecazioni
e mugugni
mentre sfiorisce
in incendi e colori
quel che resta
del giorno.
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