Articolo pubblicato su IUA n° 9, Anno IV, Ottobre 2017
È universalmente nota per i suoi prodotti latto-caseari, su cui spicca come logo lo stemma comunale, l’aquila bicipite che sovrasta un pellegrino. Ma Vipiteno, l’ultima cittadina a nord lungo la valle dell’Isarco, prima del confine del Brennero, è anche tante altre cose: un vivace centro commerciale, una meta turistica di prim’ordine, la base per escursioni e ascensioni sulle bellissime vette che la contornano, e un esempio perfettamente conservato di urbanistica tardo medioevale.
Ci sono tornato dopo quasi quarant’anni; l’occhio è subito corso alle montagne, alle cime che, con gambe giovani e allenate, riuscivo a scalare senza eccessiva fatica. Oggi, è evidente, mi dovrò contentare di molto meno…
Tanto per cominciare, una passeggiata lungo il frequentatissimo Corso della Città Nuova, che in realtà nuova non è affatto, dato che è nata dopo il 1280, anno in cui Mainardo, Conte del Tirolo, assegna al paesino di Sterczingen (da cui deriva l’attuale nome in lingua tedesca, Sterzing) una vasta area per estendersi. Le case che delimitano la lunga via sono quasi tutte del XV secolo, strette, alte e spesso completate da bovindi, che qui chiamano “erker”, eleganti strutture finestrate che permettevano di estendere la superficie delle abitazioni, che dovevano rispettare la larghezza prescritta di quattro metri. Il piano terreno, ieri come oggi, è riservato alle attività commerciali, un tempo rivolte ai mercanti e ai pellegrini che scendevano verso l’Italia oppure risalivano al nord, oggi ai turisti che per quasi
tutto l’anno affollano la via.
A metà, il monumento marmoreo a San Giovanni Napomuceno, patrono della città, che a quanto pare salvò i fedeli da una devastante piena dell’Isarco. Ma la vista è ormai attratta dall’alta Torre
delle Dodici, il caratteristico campanile civico la cui immagine si trova in ogni cartolina. Eretto nel 1468, era concepita come torre di osservazione contro nemici, incendi e alluvioni. Un funzionario vi vegliava notte e giorno, e ha continuato la sua opera fino alla metà degli anni ’50 del secolo scorso. Ancora oggi il campanile scandisce il tempo, col suo antico orologio e la sottostante meridiana, e osserva il passare di cittadini e turisti sotto il grande arco alla sua base, che formalmente immette nella Città Vecchia, le cui caratteristiche non sono molto diverse da quelle osservate in precedenza. Le architetture qui sono forse più semplici, ma sempre gradevolmente legate alla tradizione tirolese, se si eccettuano due edifici moderni concepiti da due eminenti architetti, che a dire il vero stridono profondamente con il contesto. Oltre all’aspetto delle case, il tema che lega gli edifici è la profusione di fiori ai balconi, ai bovindi, alle finestre, in prevalenza gerani, ma non solo; poi, le bellissime insegne in ferro battuto, spesso dorate, dei negozi, degli alberghi, dei bar e dei ristoranti, secondo la tradizione austriaca e mitteleuropea.
Numerose anche le chiese, ma quella che ha colpito più la nostra attenzione è la grande Parrocchiale gotico-barocca, che sorge isolata a qualche centinaio di metri dal centro.
Una costruzione imponente, dalla semplice facciata a capanna ornata solo da un rosone e dal portale strombato. Poderosi contrafforti rinforzano i fianchi, adornati da numerose lapidi tombali. L’interno è ampio, con tre navate scandite da alte colonne in pietra; appoggiato ad una di esse, spicca un bellissimo pulpito ligneo in stile gotico. Le volte sono state affrescate nel Settecento dal pittore Adam Molk. Su una delle pareti interne, possiamo notare una lapide tombale romana di epoca tardo imperiale, trovata sotto le fondamenta della chiesa; da cui è lecito dedurre che il luogo fosse frequentato anche nell’antichità, come attestano altri rinvenimenti (ad es., un altare dedicato al Dio Mitra, che per molto tempo fu la divinità preferita dai legionari dell’Impero). Nei pressi della Parrocchiale, il cui nome, Nostra Signora della Palude, ci fa pensare a come un tempo la zona fosse spesso invasa dalle acque impetuose dell’Isarco e dei suoi affluenti, sorge il Palazzo dei Cavalieri Teutonici, il potente Ordine di monaci-guerrieri che tanta parte ebbe nell’espansione verso est del mondo germanico.
Ora gli edifici contengono il Museo Civico di Vipiteno, ricco di testimonianze sulla storia della città, il cui periodo più florido, intorno al 1500, è legato allo sfruttamento delle miniere delle valli circostanti, da cui si ricavavano argento, piombo e altri minerali, e che continuarono l’attività anche in epoca moderna. Oggi sono visitabili con uno speciale percorso, anche didattico.
Galleria fotografica © Gianni Marucelli 2017
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