Articolo pubblicato su IUA n° 8, Anno II, Settembre 2015
A chi non è pratico della Romagna il fiume Montone di per sé potrebbe non destare alcun ricordo, in realtà però può assumere un significato diverso se lo si va a collegare ad una delle opere poetiche e letterarie più importanti della cultura italiana, ovvero la “Divina Commedia” di Dante Alighieri. Il canto XVI° (94-102) dell’Inferno cita le famose “Cascate dell’Acquacheta” che si trovano all’interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, sul versante romagnolo. Con un salto massimo di 90 metri tali cascate sono tra le più imponenti di tutti il centro-nord Italia. Ebbene, il corso dell’ Acquacheta contribuisce ad alimentare il fiume Montone che, circa 50 km più a valle, prima di andare a sfociare nel Mar Adriatico nei pressi di Ravenna, attraversa prima Castrocaro Terme e Terra del Sole e poi Forlì.
Da alcuni anni le Amministrazioni locali hanno creato un percorso fluviale che, seguendo le sponde dello stesso fiume, potrebbe consentire di giungere addirittura da Castrocaro fino al mare. Un tratto ben organizzato, con segnaletica verticale e sentieri tenuti abbastanza in ordine, è quello che va da Terra del Sole a Forlì e/o viceversa. Dalla primavera in poi tale tratto viene percorso tutti i giorni da decine di pedoni o ciclisti che intendono fare una semplice passeggiata nella natura oppure mantenersi in forma attraverso la corsa. Noi di “Italia, l’Uomo, l’Ambiente” abbiamo percorso in Mountain bike il tratto da Forlì a Terra del Sole e viceversa. In teoria tale tragitto può essere fatto tutto l’anno, ma è sicuramente più agevole dalla tarda primavera all’inizio dell’autunno, quando è più facile guadare il fiume nei pressi del parco urbano di Forlì e quando vi è meno rischio di trovare ingombranti pozze lungo il percorso.
Partendo direttamente dal centro città il percorso si origina sotto il ponte sulla via Emilia (si scende dalla destra del ponte guardando verso la porta) in prossimità dell’antica porta “Schiavonia” che, unica rimasta della cinta muraria della città, segna l’ingresso sul lato nord ovvero quello in direzione di Faenza – Bologna. La porta, con un arco monumentale a tutto sesto, è stata più volte demolita e riedificata. Ne abbiamo notizia già dal 1282. Questo primo tratto del percorso, che in caso di recenti piogge è bene evitare partendo direttamente dal parco urbano “Franco Agosto”, è uno dei pochi che, per via della minor vegetazione, consente di ammirare le acque del fiume, ma allo stesso tempo è anche uno dei tratti più soleggiati e forse meno interessanti per la presenza nella sponda opposta di una vecchia fabbrica.
Dopo circa 1,3 km, dopo aver incominciato ad affiancare il perimetro del parco urbano, si giunge ad uno degli ingressi laterali dello stesso parco dove è possibile prendere un gelato o rifocillarsi ad uno dei chioschi presenti. Si consiglia anche di procurarsi delle scorte d’acqua, perché non sarà più possibile farlo fino a Terra del Sole, a meno che non si voglia suonare il campanello di una delle poche case che si incontreranno lungo il percorso.
Risaliti in sella, abbiamo proseguito nel costeggiare il perimetro del parco fino ad un bivio che scende sulla destra per poi, attraverso un comodo e largo ponticello, guadare il fiume, per seguire fino alla fine la sponda destra. Il passaggio sul fiume è noto come “Guado Paradiso” e lo si incontra dopo 1,77 Km dalla partenza (soli 470 metri dall’ingresso del parco).
A questo punto si prosegue in piano, in parte sotto il sole ed in parte all’ombra di grandi alberi di pioppo e Robinia pseudoacacia, fino a passare sotto la strada che collega la frazione di Vecchiazzano a quella di San Varano. Fino a qui abbiamo percorso 3,30 Km e, tralasciando una strada asfaltata secondaria, proseguiamo sulla sinistra. Anche se la cartellonistica è in parte caduta, non ci si può sbagliare perché il sentiero verde è evidente e parte appena all’uscita del viadotto.
Il tratto successivo è lungo circa 2,60 km ed è piuttosto vario con alcuni brevi tratti di sali scendi che lo rendono più interessante per chi si vuole allenare e soprattutto per chi, come noi, lo ha percorso in MTB. Se non si è molto esperti della bicicletta nei tratti in discesa è bene prestare un po’ d’attenzione, ad ogni modo abbiamo incontrato persone che passeggiavano addirittura con la mitica “Graziella” o con una bici con ruote da corsa. In questo tragitto la robinia (che è una pianta non autoctona ma che ha una grande facilità di adattarsi a vari ambienti naturali) è sicuramente la specie arborea principale, ma numerosi sono anche i pioppi con alcuni ornielli (fraxinus ornus) e sambuchi (sambucus nigra).
La presenza del fiume la avvertiamo costante sulla nostra sinistra ma in realtà, anche perché siamo impegnati alla guida della bici, lo vediamo raramente, nascosto dietro la fitta vegetazione. Chi percorre il tragitto a piedi può avere certamente maggiore facilità di vederlo anche se in questo tratto le sponde e la vegetazione non rendono facile l’eventuale accesso in acqua.
Dopo 5,9 km dalla partenza il sentiero sterrato termina su una strada asfaltata secondaria, in realtà con pochissimo traffico, che va percorsa sulla sinistra fino ad arrivare alla chiesa di “Rovere”, piccola frazione alle porte di Castrocaro Terme. Chi volesse interrompere il tragitto per magari tornare indietro con l’autobus oppure fermarsi temporaneamente ad un bar, quando giunge alla chiesa (7,0 km dalla partenza), anziché girare a sinistra guardando la facciata della chiesa stessa, può proseguire diritto ed in circa 200 metri arriva in prossimità di due bar e della fermata del servizio di trasporto pubblico locale che effettua delle corse molto frequenti.
Chi invece decide di proseguire continua per circa 780 metri, tornando in direzione del fiume dal quale ci si era allontanati quando avevamo iniziato la strada asfaltata. Giunti di nuovo in prossimità del Montone, sulla sinistra è possibile vedere il cosiddetto “Guado di Ladino”, che altro non è che un ponticello che consentirebbe di tornare sul lato opposto del fiume e raggiungere la chiesa di campagna di Ladino e poi eventualmente la stessa Terra del Sole, attraverso un percorso meno interessante dal punto di vista naturalistico.
In prossimità del guado si prosegue dunque diritto e, dopo un tratto emozionante fatto di sali e scendi anche all’interno di una fitta vegetazione, si arriva in meno di un chilometro alla “Chiusa di Ladino” (8,45 km dalla partenza), struttura artificiale che forma un’interessante cascata con alcune pozze d’acqua nelle quali, durante l’estate non particolarmente siccitosa, è anche possibile bagnarsi. In questo posto, per chi volesse soffermarsi un po’ più a lungo, è anche consigliabile organizzare un pic nic. Ci sentiamo però di mettere in guardia dalla presenza di numerose zanzare tigre.
Ci stiamo avvicinando a Terra del Sole e, per superare la Chiusa, dobbiamo affrontare alcuni gradini dove può essere un po’ faticoso sollevare la bicicletta soprattutto quando la stanchezza incomincia a farsi sentire. Superati i gradini e tornati in sella, si gira subito a sinistra passando nel piccolo spazio lasciato libero da una sbarra. Nel giro di meno di un chilometro si termina il percorso sterrato e si attraversa la strada asfaltata che collega Terra del Sole alla statale 67 Tosco-Romagnola.
Compiuti pochi metri in salita, si incomincia ad intravedere la fortificazione nota come Castello del Capitano della Piazza. Tale fortezza, probabilmente già esistita ancora prima, fu voluta da Cosimo I de’ Medici (1519-1574) e presenta quattro bastioni muniti di orecchioni per la difesa. Entrati dentro la porta in meno di un minuto e dopo aver percorso circa 10,2 km (il chilometraggio potrebbe non essere del tutto preciso) si ha accesso alla piazza del Palazzo Pretorio o dei Commissari, dove un tempo aveva sede il Tribunale di prima istanza per tutta la Romagna Toscana. Tale piazza oggi è nota per lo più perché da anni ospita il festival delle “Voci nuove”, noto come “Festival di Castrocaro”.
Complessivamente abbiamo impiegato un’ora per arrivare da Forlì a Terra del Sole, ma ci siamo fermati in più occasioni per scattare le fotografie. Chi avesse velleità competitive può percorrere lo stesso tragitto con un tempo molto inferiore. Chi invece lo volesse percorrere a piedi deve aggiungere almeno 40-50 minuti. In molti però, venendo da Forlì, senza arrivare a Terra del Sole, si fermano in prossimità dell’abitato di Rovere per poi tornare indietro. Il dislivello affrontato è veramente minimo dal momento che, a parte alcuni sali e scendi, il percorso si sviluppa in pianura. Se visitate il territorio forlivese per turismo, vi si consiglia vivamente di trascorrere una giornata o mezza giornata immersi nella natura che circonda il fiume Montone. Chi invece non volesse o non potesse percorrere un tragitto così lungo, può sicuramente trascorrere alcune ore di svago nel bellissimo e grande parco urbano di una Forlì, quanto mai verde in questa stagione.
Alessio Genovese
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