Di Gianni Marucelli
È un Maggio radioso, come avrebbe detto Gabriele d’Annunzio, che qui soggiornò, e la valle del Casentino, uno dei più splendidi gioielli della Toscana, rifulge in tutta la sua verde bellezza, punteggiata dal giallo delle ginestre in fiore e dal bianco dei grappoli di fior d’acacia. Senza averlo programmato, giungiamo in un luogo che mi è caro fin dall’adolescenza, il paese di Montemignaio, al centro del quale si eleva ancora il castello appartenuto ai Conti Guidi.
Un paio di chilometri verso nord, sulla strada che conduce verso il Passo della Consuma e le cittadine di Stia e Pratovecchio, un cartello turistico abbastanza recente ci indica la presenza di un antico oratorio e romitorio, quello della Madonna delle Calle, che, ai tempi della mia gioventù, era in piena decadenza e quasi invisibile a chi, in auto, percorresse la carrozzabile. Adesso una breve stradina, solo un centinaio di metri, addirittura asfaltata e dotata di illuminazione notturna, oltreché di una Via Crucis realizzata da un artista contemporaneo, conduce verso l’edificio sacro, addossato a un immenso macigno e perfettamente restaurato. Un vetusto ponte in pietra che scavalca il Torrente Calle porta direttamente di fronte al bel portico, aperto da un triplice arco, sotto il quale sono sistemate tavole e panche per i visitatori. La chiesa è purtroppo chiusa, come anche l’accesso al soprastante Eremo, ma la sua storia, delineata dalle lapidi affisse sulla facciata e che poi meglio ricostruiremo a casa, è veramente intrigante.
Un tempo, fino agli anni ’50 del secolo scorso, questo piccolo santuario era famoso, in tutta la vallata e anche oltre, per i prodigi che ai fedeli dispensava un’immagine della Vergine col Bambino, portata qui, secondo la leggenda, da un pellegrino che si era recato a Roma per il Giubileo del 1425. L’ultima sera del suo lungo vagare, prima del ritorno a casa, la notte lo aveva colto sulle rive del torrente, e la stanchezza lo aveva indotto a dormire nei pressi, lasciando la preziosa tavola appoggiata a un masso.
L’alba successiva, nella fretta di raggiungere il paesello ormai prossimo, il pellegrino dimenticò la Madonna in questo luogo: solo dopo gli abbracci dei familiari, al momento di mostrare il dipinto che avrebbe voluto donare alla Pieve di S. Maria a Montemignaio, con disappunto si accorse della sua sbadatezza; tornato di corsa al torrente, con sollievo constatò che la Vergine con occhi ridenti osservava ancora le trotelle che saltellavano nelle acque limpide: se la mise sotto braccio e, finalmente, la pose in casa al sicuro.
Ma, come sempre accade in questi casi, l’uomo propone e Dio dispone: il mattino dopo, Maria e il piccolo Gesù erano nuovamente scomparsi. In preda alla disperazione, ma guidato da una voce interiore, il pellegrino tornò per la seconda volta alle rive del torrente, e per la seconda volta l’immagine sacra era lì, ad attenderlo. L’episodio, ovviamente, si ripeté una terza volta, cosa che convinse i sacerdoti della Pieve che di miracolo si trattava, e che la Vergine aveva chiaramente espresso il desiderio di risiedere nel luogo ameno che tanto le era piaciuto.
Che sia, in effetti, un luogo di pace e di bellezza lo abbiamo constatato anche noi, a cinquecento anni di distanza, e lo dovette pensare anche il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo, che qui passò il 22 Giugno del 1773, e i tantissimi fedeli e visitatori che, richiamati dalla fama dei prodigi che la Madonna delle Calle (“calle”, come in spagnolo, qui significa “strada”) dispensava a chi le si rivolgeva. Per secoli, fino allo sciagurato giorno del 1950 in cui i custodi si accorsero che la venerata immagine era stata rubata. Sgomento tra gli abitanti di Montemignaio, inutili le ricerche di Carabinieri e Polizia. L’Oratorio decadde rapidamente dalla sua grande e meritata fama…
Ma, circa dieci anni più tardi, così narrano i testimoni ancora in vita, la popolazione fu chiamata a raccolta da uno scampanio festoso: la Madonna, non si sa bene né dove né da chi, era stata ritrovata! Fu riportata in pompa magna in paese, alla presenza di migliaia di persone e addirittura del Presidente del Consiglio, l’aretino Amintore Fanfani, e del sindaco “santo” di Firenze, Giorgio La Pira.
Però, però… l’Oratorio ne ebbe solo una copia, per un’elementare regola di prudenza, mentre l’originale è conservato adesso nella Pieve di Montemignaio. A osservarlo da vicino, il dipinto appare di scuola giottesca, sicuramente dei primi del Trecento o giù di lì. Ma quel che prende davvero, è la dolcezza dello sguardo, il sorriso lievemente malinconico che non dubitiamo possa essersi acceso davanti ai giochi armoniosi delle trote, in un mattino di tanti secoli fa.
Toscana – Casentino: l’Oratorio della Madonna che fu rubata. di Gianni Marucelli è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.
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