Di Daniela Affortunati
Nato a Firenze nel 1406 in San Frediano, rimasto orfano in tenera età fu adottato con il fratello Giovanni dai monaci carmelitani nel convento di Santa Maria del Carmine, dove l’8 giugno del 1421, compiuti 15 anni, prese i voti. L’estro di Filippo si manifestò già nei primi anni di studio; sveglio e irrequieto apprese facilmente le discipline classiche del Convento, ma divenne sempre più evidente e rilevante, che la sua vocazione non era propriamente di natura religiosa, bensì artistica. Frate Lippo, così lo chiamavano, aveva un vero talento per l’arte del dipingere.
Nonostante i dogmi imposti dall’autorità ecclesiastica, austera, rigida, Filippo concepiva una pittura del tutto libera, spontanea e soprattutto realistica, che rompeva gli schemi della pittura tradizionale, e dava vita ad un’arte pittorica nuova caratterizzata da innovazioni estetiche, figurative e cromatiche. Frenato dagli stessi carmelitani, volle comunque perseguire il suo sentire, dando luce e anima a tutte le meraviglie della natura in quanto manifestazioni dell’Amore di Dio. “[…] dipinger queste cose esattamente come sono, e venga quel che venga! […] per questo l’arte ci fu data[…]”. Anima e materia in perfetta armonia. Ciò che vive, di qualsiasi natura esso sia, ha spirito; e sarà proprio questa filosofia a guidare il genio di Filippo Lippi. Il sacro scende finalmente sulla terra. L’energia, che scaturisce da ogni essere vivente, i colori, le ombre, non devono essere ignorati, né disprezzati, bensì esaltati da coloro che hanno il dono di poterli rappresentare.
Poliziano scrisse sulla sua tomba: “Con le mia dita di artista ho saputo infondere vita ai colori ed ingannare a lungo gli animi, che speravano di udirne la voce.”
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