Articolo pubblicato su IUA n° 6, Anno II, Giugno 2015
Il castello di Sammezzano è circondato da un immenso parco in cui vivono alcune delle Sequoie più grandi d’Italia
A circa 30 km. da Firenze, alto su un colle in località Leccio (Reggello), si leva uno dei gioielli dell’architettura neo-gotica, in stile moresco, in Italia, il Castello di Sammezzano, fatto costruire nella prima metà del XIX secolo, sui ruderi di una precedente costruzione, da Niccolò e Ferdinando Panciatichi.
Dell’interno del Castello, e delle sue caratteristiche di percorso “iniziatico”, abbiamo parlato in un precedente articolo, che metteva anche in rilievo le precarie condizioni in cui versa l’edificio, da molti anni chiuso e trascurato dalla proprietà.
Lo stesso, purtroppo, si può dire del Parco, in cui il sottobosco ha ripreso ampiamente il suo ruolo e le rampicanti, come l’edera, soffocano i grandi alberi: lecci secolari, querce, ma soprattutto sequoie, sia della specie Sequoia sempervirens che di quella Sequoiadendron giganteum (in verità, ne rimane solo una), oltre a Cedri del Libano, Chamaecyparis, Tassi di grandi dimensioni e molte altre specie, anche esotiche.
Lo stradello carrozzabile che dal basso porta fino alla Villa è in parte franato, e moltissime piante, d’ogni genere ed età, giacciono al suolo, con le radici tristemente rivolte al cielo.
In tali condizioni di degrado, purtuttavia il Parco costituisce sempre uno spettacolo unico: più di cento esemplari di Sequoia si possono ancora ammirare, alcuni dei quali piantati attorno al 1850, e quindi già vecchi di un secolo e mezzo. La Sequoia più alta tocca i 46 metri, e molte altre superano i 35 metri. Giganti originari della California, qui posti a dimora dagli industriosi e geniali fratelli Panciatichi, che per l’acquisizione delle pianticelle, d’ogni genere, si rivolgevano al Vivaista francese Burnier, a Firenze. Tornando alle Sequoie, dall’ottimo libro dell’amico Tiziano Fratus (“L’Italia è un bosco”, ed. Laterza), che è il più grande esperto italiano in materia, apprendiamo che la più robusta di esse (la Sequoia Gemella) ha un tronco, misurato ad altezza di petto umano, del diametro di 842 centimetri, mentre le altre superano in molti casi i 400.
Ognuno di questi giganti è dotato di un apposito cartello numerato: la sequenza supera abbondantemente i 100. Le Sequoie più interessanti (oltre a quella Gemella, posta altrove) si trovano a circa metà salita, ove un ampio prato è bordato appunto da questi alberi; all’interno di esso si trova l’unico esemplare di Sequiadendron Giganteum sopravvissuto. Procediamo ancora, incontrando qualche cane a passeggio con relativo padrone e rari appassionati di footing.
La strada regionale Firenze-Arezzo è ormai lontana, i suoi rumori giungono attutiti; molto più vicino e godibile il chiacchericcio dei piccoli uccelli della macchia e anche il gracchiare di gazze e ghiandaie. Di tanto in tanto notiamo i segni di quel che un tempo doveva costituire la sistemazione a vero e proprio giardino di quel che ora è un bosco pressoché inestricabile: un condotto sotterraneo di cui ignoriamo lo scopo, l’antico portale di accesso alla villa, la casa che probabilmente dava ospitalità agli addetti alla manutenzione, una vasca dove nuotano solo delle bottiglie di plastica vuote…
Poi, in mezzo al verde, fa capolino il Castello, in tutta la sua maestosità… Essendo chiuso ormai da decenni (io me lo ricordo adibito a Hotel e ristorante di lusso, ma ero giovane…) ha patito le ingiurie del tempo, ma chi lo ha potuto visitare di recente (ad es. le telecamere del TG regionale della Toscana) assicura che il complesso architettonico e le sue meraviglie di stucchi e di affreschi può essere ancora salvato, poiché i danni sono per ora limitati.
Qualche anno fa fu costituito un Comitato locale per la salvaguardia e il recupero del monumento, ma l’impresa sembra davvero assai ardua, essendo la proprietà di una SRL a capitale, a quanto pare, straniero. Ma c’è anche di peggio: un ecomostro in cemento, il cui scheletro è visibile a non più di cento metri dal castello, fu iniziato forse una trentina di anni fa, e mai portato a termine… ma neanche abbattuto, se è per quello. Doveva essere adibito ad Hotel di extra-lusso, e forse è meglio che sia rimasto allo stadio larvale. Sarà più facile raderlo al suolo, quando e se verrà l’occasione.
Mentre discendiamo verso l’auto (per visitare il parco – nessuna formalità – dovrete lasciarla in uno spiazzo presso la strada regionale) ci appare l’ultimo insulto fatto a questo luogo prezioso, che in ogni altro Paese civile del mondo sarebbe oggetto di culto turistico: un megacentro industrial-commerciale dove per prima campeggia l’insegna di Prada…
“Il diavolo veste Prada”: avesse ragione il titolo del film?
Firenze – Il parco delle Sequoie di Gianni Marucelli © 2015 è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.
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