Articolo pubblicto su IUA n° 4, Anno II, Aprile 2015
L’inverno meteorologico si è concluso il 28 febbraio. A inizio stagione su queste pagine avevamo provato a ipotizzare un inverno sicuramente più dinamico rispetto al precedente (2013/2014) e in effetti in parte lo è stato, anche se è vero che forse si pensava a qualche occasione nevosa in più. I vari indici predittivi e descrittivi, che vengono utilizzati per provare a effettuare previsioni meteorologiche stagionali, lasciavano intendere delle possibilità maggiori rispetto a quanto poi è effettivamente accaduto; provare a comprendere perché le cose siano andate un po’ diversamente non è cosa cosi semplice. Piuttosto che le cause, è sicuramente più semplice capire cosa è successo, che poi in sostanza, almeno in parte, è quanto accaduto anche lo scorso anno e in molti inverni del decennio in corso. Il vortice polare, la grande perturbazione fredda che si forma e staziona alle alte latitudini polari, nelle ultime annate si è mostrato molto forte e compatto e in rare occasioni ha consentito degli importanti scambi meridiani di calore, in grado di portare il freddo anche alle latitudini mediterranee.
Mentre lo scorso inverno, soprattutto da fine dicembre in poi, il vortice aveva avuto un flusso teso con moto da ovest a est abbastanza basso, consentendo un grande innevamento delle Alpi e molta pioggia nel resto della penisola, quest’anno è rimasto più spesso nei propri territori di competenza ma in alcune occasioni, vedi fine 2014 e inizio 2015 oppure inizio febbraio, ha permesso delle seppur lievi ondulazioni che hanno portato appunto a brevi e sporadici episodi di freddo, che hanno colpito per lo più le regioni meridionali e del medio e basso Adriatico. Se quindi lo scorso inverno, neve parlando, è stato l’anno delle Alpi, questo invece è stato per lo più l’anno dell’Appennino centro-meridionale. Per non annoiare i lettori, in questa sede non voglio mettermi a citare gli indici meteorologici, a dar retta ai quali ancora per i prossimi due inverni, dovremmo avere un vortice polare per lo più compatto e ancora stagioni poco propense a frequenti episodi di freddo e neve nel “bel paese”. Da amante della neve, dico che, per fortuna, le previsioni meteo molto spesso risultano sbagliate a una settimana di distanza, quindi figuriamoci quando si parla di anni. Volendo però lasciarci prendere dalla tentazione di guardare ancora più all’orizzonte, dal 2017/2018 in poi dovremmo incominciare ad avere la riprova del 9 rispetto alla disputa scientifica fra i sostenitori del global warming e chi invece, dando importanza a livello climatico ai vari corsi e ricorsi del sole, sostiene che è per lo più tale stella a influire realmente sul clima del nostro pianeta su scala globale. Perché ho indicato tali anni come periodo di effettiva verifica sul trend a cui potrebbe andare incontro la colonnina di mercurio che misura il pianeta terra?
1) Perché, per allora, dovremmo essere entrati in una fase di minimo solare molto lungo e pronunciato. Da una parte quasi tutti gli esperti di meteorologia sono concordi sul fatto che gli inverni con profondo minimo solare uniti a QBO negativa (rispetto al significato di tale indice si è già scritto in altro articolo precedente e ci si può tranquillamente documentare su internet), che dovremmo avere di nuovo dal 2017, portano a una maggiore instabilità del vortice polare e quindi a maggiori incursioni fredde a basse latitudini.
2) Perché in tale periodo altri indici (PNA etc), legati per lo più alle temperature delle acque marine oceaniche, dovrebbero essere anch’essi più favorevoli a traslazioni del freddo verso il Mediterraneo, con un indebolimento del ramo canadese del vortice polare che, con la sua eccessiva forza negli ultimi inverni, ha condizionato, nel bene e nel male, il clima del nostro paese, portando spesso perturbazioni umide d’origine atlantica. Quest’ultimo è il fenomeno che ha fatto sì che lo scorso inverno fosse solo piovoso e non freddo, ma ha fatto anche sì che l’estate successiva non fosse troppo calda.
3) Alcuni esperti astrofisici sostengono che nei prossimi anni potremmo entrare in una fase di minimo solare, molto simile a quelle che si sono avute alcune centinaia di anni fa, che sono note con i termini di “Minimo di Maunder” e “Minimo di Dalton” e che hanno portato a episodi di freddo intenso su larga scala mondiale. Se è così vero che un periodo pronunciato di minimo solare può condizionare oscillazioni climatiche sulla Terra, allora fra qualche anno gli oceani dovrebbero incominciare a perdere tutta quell’energia, accumulata con i cicli solari precedenti che invece, rispetto a quello attuale e a come dovrebbe essere il prossimo (ciclo 25), sono stati molto forti e possono aver condizionato loro l’aumento della temperatura di alcuni gradi centigradi. Ma il famoso buco dell’ozono? Secondo i sostenitori del global warming l’aumento dell’anidride carbonica sarebbe talmente esponenziale da essere tranquillamente in grado di compensare ogni minima influenza che il sole può avere sul nostro pianeta. Che bella sfida, chi vivrà vedrà!
Ritornando con i piedi ben saldi per terra e soprattutto ragionando senza troppi voli pindarici che ci portano lontano nel tempo, il fatto di avere ancora, a inverno finito, un vortice polare piuttosto compatto, e con temperature discrete di freddo al suo interno, potrebbe comportare una primavera piuttosto simile a quella dello scorso anno. Intanto, dopo i 2-3 giorni di freddo dei primi giorni di marzo, aspettiamoci anche che il vortice polare possa sfogarsi nuovamente verso la fine dello stesso mese, magari con un episodio in stile invernale con possibilità di neve a quote anche basse. Dopo di che non sono esclusi ripetuti episodi di alternanza fra giornate tiepide e soleggiate ad altre, più numerose, grigie, fresche e piovose. Per sapere, invece, come potrebbe trascorrere l’estate, è davvero troppo presto!
Alessio Genovese
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