Articolo pubblicato su IUA n° 9, Anno I, Dicembre 2014
“E in tanta rotta e in sì lunga zuffa che durò dalle venti alle ventiquattro ore, non vi morì che un uomo, il quale non di ferite ne d’altro virtuoso colpo, ma caduto da cavallo e calpesto spirò”, così Machiavelli ricorda ironicamente la Battaglia di Anghiari, combattuta Mercoledì 29 giugno 1440, tra i Fiorentini, vincitori, guidati da Michelotto Attendolo e Giampaolo Orsini ed i Milanesi condotti da Niccolò Piccinino.
La battaglia sarebbe stata sicuramente dimenticata dalla storia se i Magistrati di Firenze, per decorare le sale di Palazzo Vecchio con pitture che ricordassero le principali imprese della Repubblica, non avessero affidato a Leonardo da Vinci, il compito di dipingerla. Una volta elaborati i cartoni, fu tradotta in parete la parte mediana, cioè il combattimento intorno alla bandiera.
Danneggiato da un artificioso processo di essiccamento, il dipinto, incompiuto, andò distrutto per far posto alle decorazioni del Vasari. I celebri disegni di Leonardo sono andati perduti e ne rimane testimonianza attraverso quelli del Rubens, oggi al Louvre di Parigi. Alcuni sostengono che il Vasari li abbia nascosti sotto un nuovo intonaco o una nuova parete: ricerche e ‘saggi’ finora condotti non hanno sciolto il mistero.
Confesso che pensavo di aver già visitato Anghiari, ma mi sono reso conto che era solo il mio immaginario legato al mistero del dipinto, infatti, adesso sono convinto di non aver mai calcato le stradine tortuose che si dipanano all’interno dell’intatta cinta muraria incastonata su di una collina di ghiaia che domina l’intera Valtiberina.
L’antica piazza del Borghetto, attuale Piazza Mameli, è crocevia obbligato per chi si avventura tra i vicoli del Borgo e uno dei testimoni della sua storia artistica è il Palazzo Taglieschi, attuale sede del Museo Statale delle Arti e Tradizioni Popolari dell’Alta Valle del Tevere.
Il Museo si è costituito grazie al lascito testamentario dell’ultimo proprietario dell’edificio Don Nilo Conti. Al pianterreno sono esposti materiali lapidei di varia epoca e provenienza, mentre nelle sale del primo piano si trova un’interessante rassegna di statue lignee trecentesche e quattrocentesche, tra le quali spicca una Madonna con Bambino attribuita a Jacopo della Quercia. Sempre al primo piano si trova esposta una splendida Natività e Santi realizzata, molto probabilmente, da Andrea della Robbia.
Al secondo piano di rilievo interessanti dipinti seicenteschi tra i quali Madonna del Rosario di Jacopo Vignali e la Crocifissione dipinta da MatteoRoselli.
Comunque il fascino principale del paese è che camminando tra la Badia di San Bartolomeo e il Palazzo Pretorio si respira quasi un’aria d’altri tempi e i ritmi frenetici ai quali siamo abituati appaiono dopo poco quasi un ricordo lontano. Le case in pietra, affacciate sulle strette vie della città, hanno finestre piccole, imposte e porte di legno, talvolta un po’ sconquassate, ma assolutamente caratteristiche, come carattestiche sono le piccole botteghe degli artigiani e i negozi di prodotti locali tipici.
Oltre agli stupendi panorami che si possono ammirare dal paese che domina la valle dove scorre il Tevere, ci sono altri due motivi per visitare Anghiari.
Il primo è la Libera Università dell’Autobiografia, fondata nel 1998 da Saverio Tutino e Duccio Demetrio, archivio diaristico e centro culturale che promuove la formazione e la cultura della memoria.
Il secondo si svolge nel mese di Agosto ed è una rassegna teatrale dove gli stessi abitanti, vestendo i panni di attori, raccontano storie della comunità mentre gli spettatori degustano una cena povera, ogni tavolo viene apparecchiato con la tradizionale Tovaglia a Quadri che dà il nome alla rassegna.
© Alessandro Ghelardi 1 novembre 2014
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