Articolo pubblicato su IUA n° 8, Anno I, Novembre 2014
Avevo lasciato il mio paese da quasi quattro ore, il camion con le nostre masserizie, dopo aver percorso il Lungomare, corso Vittorio Emanuele, il giardino Garibaldi, era giunto a destinazione: Via Manzoni! Vicino una piazza, piazza Risorgimento, al centro una fontana ed una imponente scuola elementare: la “Garibaldi”, lungo la strada tanti palazzi, tanti negozi.
Da quel giorno, sono trascorsi quasi cinquant’anni, ma tutto è chiaro, le immagini vivide e attuali, come il primo giorno.
Era, qualche giorno prima del Natale del 1964.
In quella strada ho abitato venticinque anni, un quarto di secolo!
Tanti ricordi, tante le scene di vita quotidiana che ormai non si vedono più, ma si affollano nella mia memoria e nel mio cuore.
Via Manzoni aveva un orologio di vita tutto suo.
Alle prime luci del mattino, il fornaio, un uomo alto, magro, con uno strofinaccio, arrotolato a ciambella sulla testa e su questa poggiata una lunga tavola, sulla quale erano sistemate le pagnotte di pane da cuocere.
Le portava al forno, quello in pietra che si trovava in via Abate Gimma, di fronte ad un palazzo storico ed importante in quegli anni, ora lasciato solo ed indifeso, come un vecchio che, dopo anni di duro lavoro, viene abbandonato a se stesso: l’Istituto Nautico “N. Caracciolo”.
In quegli anni, la mattina, intorno alle sei, non vi era traffico, le auto erano ancora poche, c’era invece un viavai di “carrucci”, questi erano costruiti artigianalmente, una tavola lunga circa un metro e mezzo e larga altrettanto, sostenuta da due assi, alla fine di questi, quattro ruote, realizzate con dei grossi cuscinetti a sfera, all’asse anteriore era legata una corda, serviva per il traino a mano.
Sopra casse di verdura, frutta, ortaggi, tutti diretti in via Nicolai, dove si svolgeva il mercato ortofrutticolo rionale.
Già a quell’ora cominciava a sentirsi un vociare che continuava fino a sera, una musica di sottofondo lungo una strada magica e importante.
Verso le otto, la strada si popolava di mamme e bambini, che frequentavo la scuola elementare Garibaldi, scolari ancora assonnati, con lo zainetto sulle spalle, inquadrati davanti alle scale della scuola in attesa del suono della campanella.
Nel frattempo, ecco i passi delle giovani e graziose fanciulle: le commesse dei negozi, tre, quattro commesse per ogni attività commerciale.
Le saracinesche, tutte, una dopo l’altra, si aprivano, si accendevano le luci, le commesse pronte a soddisfare i desideri dei clienti.
Le vetrine mostravano, scintillanti di luci, le loro bellezze: scarpe, abiti, borse, corredi, abiti da sposa.
Le donne per recarsi a fare la spesa in via Nicolai, percorrevano via Manzoni con i loro carrellini, era una continua processione, a ogni vetrina si fermavano, osservavano, commentavano anche ad alta voce, i prezzi e gli articoli.
Subito dopo mezzogiorno piazza Risorgimento, tornava a riempirsi di ragazzini, erano gli stessi mezzi addormentati del mattino, ora vispi e chiassosi.
Nelle giornate primaverili, la strada si allietava col suono di una fisarmonica, una chitarra e una grancassa, avanzava un signore vestito con un frac nero, la bombetta ed il sottile bastone, come quello di Charlot: Piripicchio.
Attorno a lui tanti bambini, cantava canzoni in dialetto barese, salutava cordialmente tutte le signore, sia quelle vicine che quelle affacciate ai balconi.
Una “botta”, un richiamo alla signora, un colpo di grancassa e la sua “mossa”, un particolare colpo d’anca, allusivo ma non volgare.
Mentre Piripicchio salutava il suo pubblico, il suo socio girava tra la gente con un piccolo piattino di metallo, raccogliendo le varie offerte, dai balconi piovevano le 10, 20, 50, qualche volte le 100 Lire.
L’orologio posto sulla scuola oramai segnava le 13.30, i bambini erano andati via, i negozi cominciavano a calare le saracinesche, la strada si popolava di giovani: gli studenti dell’Istituto Nautico Caracciolo, che percorrevano a passo veloce via Manzoni, magari addentando un pezzo di calda focaccia barese, per raggiungere la Stazione e tornare ai propri paesi. Tre erano i famosi panifici che sfornavano a tutte le ore del giorno le croccanti ruote di focacce.
Il pomeriggio la piazza si ripopolava di ragazzi, riuniti a gruppetti giocavano, a calcio, bastava una pallina, non un pallone, per correre da una parte all’altra, era inevitabile che si facesse chiasso, questo molte volte infastidiva chi abitava di fronte alla piazza ed aveva il desiderio di schiacciare un pisolino.
Dopo aver giocato sotto il sole, per avere un po’ di sollievo o per golosità ci si comprava il gelato a limone, un gelato preparato rigorosamente in maniera artigianale, dal chioschetto all’angolo sulla piazza.
All’altro angolo, dove ora vi è il giornalaio, vi era un altro chiosco, in muratura, all’interno un tabaccaio.
Negli anni ’70 questo chiosco fu demolito, il tabaccaio trasferito in via Principe Amedeo, quasi ad angolo con via Manzoni, dove si trova ancora oggi.
Nel primo portone di questo angolo, la mattina, fino agli anni ’70, vi era un calzolaio, in quei tempi le scarpe si riparavano più di una volta, sempre lì vicino, un uomo, piccolo di statura, magrolino, sistemava il suo negozio mobile: una sedia a baldacchino da lustra scarpe.
I giorni in via Manzoni, non erano tutti uguali, alcuni festosi, altri meno, mai cupi. Era la gente, che li colorava e li rendeva solari, una strada magica!
Il pomeriggio la strada si popolava di gente proveniente dalla provincia o dalla periferia della città per comprare “le rrobbe”.
All’imbrunire, la strada si vestiva dei suoi colori più belli, le insegne a neon, belle, luminose e coloratissime, via Manzoni competeva con la via elegante della città: via Sparano.
Infine il sabato pomeriggio mamme con figlie da marito, popolavano i tanti negozi di biancheria da corredo e di abiti da sposa
I visi gioiosi delle ragazze che avevano acquistato l’abito da sposa, si riconoscevano ed era una tradizione che si andasse a festeggiare l’importante acquisto, nella pasticceria di via Putignani, quasi ad angolo con Via Manzoni.
I commercianti di via Manzoni, di quegli anni, sono storici, potrei raccontare per ognuno di loro storie e aneddoti.
Uno in particolare merita di essere ricordato, un Natale degli anni ’70, i commercianti decisero di mettere in palio una Fiat 126 tra tutti gli acquirenti del mese di dicembre, la piccola autovettura fu messa in esposizione per tutto il mese, su una rampa inclinata vicino alla scuola Garibaldi.
Gli anni passavano, i negozi si rinnovavano, le vetrine diventano sempre più belle e più luminose.
La sera della Domenica, del 23 Novembre 1980, la terra tremò in Irpinia, il terremoto fu sentito anche a Bari, la gente ebbe paura. Lasciò le proprie case e scese per strada.
Piazza Risorgimento si affollò come non mai.
Anche via Manzoni si attivò a prestare aiuto ai terremotati: un intero camion pieno di biancheria, indumenti, coperte, generi alimentari e altro, partì per l’Irpinia: la solidarietà passava anche per quella strada magica.
Un anno, pochi giorni prima di Natale, ci fu una magia ancora più grande: dal cielo piano piano cominciarono a cadere candidi fiocchi di neve, tutto divenne meravigliosamente bianco e surreale, sembrava di udire una musica speciale e vivere in una fiaba in cui tutto era perfetto e funzionava bene.
Sono trascorsi oramai molti anni, passando, per quella strada, l’altra sera, l’ho vista trasformata, molte insegne sono spente, o non ci sono proprio più, molte saracinesche chiuse, via Manzoni sembra una vecchia signora mal ridotta.
Mi sono fermato sulla piazza, ero solo, ad un tratto ho visto Piripicchio che cantava, il vociare dei ragazzi che uscivano da scuola, le mamme, le belle commesse, le vetrine illuminate, le insegne coloratissime, ho visto via Manzoni ancora più bella, ho sognato per un attimo!
Sarebbe bello che questo sogno si avverasse.
Carmelo Colelli
27 Settembre 2014
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