Articolo pubblicato su IUA n° 8, Anno I, Novembre 2014
L’elefante di roccia
Non è mai solo
Ché la curiosità umana
Lo rende vivo e fiero
Sorride per un ritratto
Da incollare
Nei ricordi d’un bambino
Poco più in là
Un asino solitario
Raglia la sua umiltà
I suoi occhi
Par che dicano…
Vorrei una carezza
Per lenire il dolore
Alla mia schiena
Livida di nerbate
Ché dentro me
Batte un cuore vero.
© copyright 2008 Alberto Pestelli – Tratto dalla silloge di poesie “L’isola di mia madre” pubblicato per www.ilmiolibro.it nel 2008.
È insolito iniziare un certo discorso – e quindi un articolo del genere – con una poesia. Giusto o non giusto che sia ormai la cosa sta così e non amo tornare indietro. Anche quando si sbaglia strada… beh, non sempre è così! A volte tornare sui propri passi è necessario.
Tuttavia, spesso e volentieri, sbagliare strada non sempre è una fregatura. Specialmente quando ci si imbatte in qualcosa che ci può sorprendere e, come nel mio caso, può far stuzzicare la fantasia. Non a caso qualche giorno dopo è nata la poesia sopra citata.
Essendo le mie origini, oltre che toscane, sarde, mi è facile percorrere a occhi chiusi le strade dell’Isola. Ma nonostante tutto amo consultare una cartina stradale, affidandomi, infine al mio senso dell’orientamento o meglio, del disorientamento visto il risultato di quel giorno, quando ci trovammo faccia a faccia con la famosa Roccia dell’Elefante.
Questa scultura naturale, alta quasi quattro metri, si trova sul ciglio della Statale 134 per Sedini in località Multeddu nel comune di Castelsardo nel nord della Sardegna. In origine il pachiderma roccioso (costituito da una formazione trachitica e andesitica) dal forte colore rosso faceva parte di una struttura rocciosa più complessa individuata sul vicinissimo monte Castellazzu dal quale, dopo essersi distaccata, è rotolato a valle. Il grande monumento, oltre ad avere una grande importanza dal punto di vista turistico e paesaggisto, è un importante sito archeologico. Infatti al suo interno ci sono due Domus de Janas che sono state fatte risalire al periodo prenuragico.
“Castelsardo – Roccia dell’Elefante (07)” di Gianni Careddu – Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.
L’animale di roccia sta seduto sul ciglio della SS 134 ad “aspettare i turisti” concedendosi gratuitamente ai fotografi improvvisati con fotocamere più o meno supertecnologiche oppure con uno smartphone nella classica posa del selphie.
E come in ogni località turistica particolare, non potevano mancare due o tre bancarelle con i prodotti tipi della zona o della Sardegna in generale: filu e ferru, pecorini, caprini, mirto, figu morisca (il liquore di fichi d’India), vini rossi e bianchi, salumi, malloreddus, il torrone di Tonara, i famosi coltelli di Pattada e tanti altri prodotti tipici dell’artigianato sardo.
È normalissimo per i turisti, dopo aver accarezzato la proboscide dell’elefante di pietra, avvicinarsi agli esercizi degli ambulanti per acquistare un ricordo, una leccornia o altro…
L’unico esercizio non considerato – il giorno che arrivai sul luogo – era un ciuchino in carne e ossa che reclamava anche lui una buona dose di carezze. Mi incuriosì il suo atteggiamento… sembrava rassegnato alla sua solitudine. Ma ogni tanto girava la sua testa verso il pachiderma e osservava la banda di bimbi che circondava il suo inanimato diretto concorrente.
Forse sarà stata la mia suggestione, ma sembrava che l’animale (quello vero, ovvio!) avesse gli occhi lucidi. Eppure era una bella bestia e soprattutto bardato a festa…
Ci siamo avvicinati e gli abbiamo accarezzato il muso. Ci ha guardato ed ha mosso la testa come se dicesse di “sì”…
- Ma non fotografate la roccia?, ci domandò un signore.
- L’abbiamo fatto, ma tanto l’elefante rimarrà qui per molto tempo. L’asinello no! E quando lo rivedo un ciuchino del genere a giro. Stanno diventando rari.
Mi avvicino al padrone dell’animale.
- Quanto le devo per aver fatto le foto al suo asinello?
- Niente, niente… io lo porto per far felici i bambini. Ma i genitori, come sta vedendo, non li fanno avvicinare. Hanno paura!
Stringo la mano all’ambulante. Compro da lui un paio di bottiglie di Filu e ferru e dopo un’ultima fotografia all’animale, partiamo per Olbia.
Qualche anno dopo sono ritornato. L’elefante è sempre sul ciglio della SS 134 per Sedini. L’asino non c’è più. Il commerciante, che mi ha riconosciuto, mi ha detto che l’ha venduto ad un pastore della zona.
Dell’animale – quello vero – ho solo una fotografia. La terrò cara.
Ciao amico!
© copyright 2014 Alberto Pestelli
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